DESTINAZIONE MEDITERRANEO

Riprendo il percorso della Via della Seta a Gaziantep nel Sud Est della Turchia. La Siria dista solo una cinquantina di chilometri ed Aleppo non più di cento. Dalla finestra dell’albergo vedo un moderno palazzo ed una moschea, anche qui convivono modernità e tradizione. Incontro ragazze con jeans e magliette sbracciate ma anche donne in abiti neri lunghi fino ai piedi con il velo sulla testa. La città è dominata da un castello con antiche mura e torri. La sua storia risale nientemeno agli ittiti che fondarono una postazione di guardia 6.000 anni fa. Tra il II ed il III secolo dc. arrivarono i romani che la trasformarono in fortezza. Alla base del castello incontro negozi di spezie e botteghe artigianali dove si lavorano il ferro e il rame. All’interno di un antico hammam si trova un vero e proprio museo. Si scende una rampa di scale per incontrare sale ottagonali con il soffitto a cupola. I turchi dell’Anatolia già durante la lontana Età del Bronzo (3.000 – 1.200 ac.) utilizzavano i bagni pubblici. L’attuale organizzazione dei bagni risale all’epoca Romana: Frigidarium (l’area fredda), Tepidarium (l’area calda) e Caldarium (l’area più calda) rimasero alla base del bagno bizantino e, dal XI secolo, anche di quello turco. La cultura islamica della pulizia enfatizzò questo approccio. A Gaziantep la tradizione del bagno è anche legata al matrimonio: prima della funzione le spose ricevono in dono sapone, henna ed una lozione di ambra e rose. Per pranzo sono da Cigerci Mustafa, un antico ristorante dove mi vengono servite insalate di pomodori, peperoni dolci e piccanti con una salsa a base di yogurt. Arriva poi il cameriere con una specie di piadina allungata, di forma ovale. Sopra vi adagia un misto di insalate verdi, pomodori, carne e melanzane cotte allo spiedo, la avvolge in un foglio di carta, la taglia a metà e voilà il pranzo è servito. La mattina seguente vado in taxi fino alla “otogar”, la stazione degli autobus, appena arrivo trovo un mini-bus in partenza. Un’autostrada a tre corsie attraversa una vallata con colline verdi dove si coltiva la frutta alternate a zone più aride. Sul mini-bus c’è anche un servizio ristoro: the o caffè, acqua, cola o aranciata. Dopo circa un’ora controllo passaporti, un militare sale sul mezzo dotato di tablet, l’operazione però è molto veloce. Il panorama si fa sempre più verde. A Osmaniye rapidissimo cambio di bus, attraverso una zona industriale e dietro le alte ciminiere appare il Mediterraneo, il mare Nostrum. Iskenderun, l’antica Alessandretta, non conserva nulla del suo glorioso passato, nulla che mi possa ricordare la Via della Seta anche se rimane una tappa importante. Ora è una città moderna con il suo lungomare ma ancora segnata dal terremoto del 6 febbraio 2023, magnitudo 7.8 sulla scala Richter. Lungo la via pedonale sotto l’albergo ci sono bar e ristoranti, è sabato sera e quindi sono tutti molto affollati. Alcuni trasmettono in diretta la partita del Galatasaray, sta vincendo 3 a 1 ma ad ogni gol si sentono urla, la partita finisce sul tre pari. Nel bar di fronte si suona musica moderna dal vivo, si beve chai (il the servito nei bicchieri di vetro) e si fuma narghilè. Io ceno sul mare, gamberi e patatine fritte, e finalmente un bel vino bianco freddo e secco. Un trio di musicisti ed un cantante allietano la serata con canzoni tradizionali. Nel pomeriggio sono in stazione per controllare gli orari del treno ma il vecchio stabile è abbandonato. Su un fianco vedo un ambiente fresco e tranquillo, un baretto dove alcuni signori giocano a carte e a domino. Io bevo solo del the ma all’indomani quando ritorno divento amico del gestore. Si siede al mio tavolo e dice “Italia, good … e Meloni ? “Fascista, Mussolini” afferma. Prosegue chiedendomi “Erdogan?”, rispondo con un no good, ci siamo capiti. Passeggiando per la strada vedo un anziano signore che coltiva erbe in un vaso sul marciapiede. Incuriosito mi fermo ad osservare lo strano orticello e così vengo invitato ad entrare nel suo piccolissimo salone da barbiere. Quattro metri per uno, un vero bugigattolo tutto specchi così da farlo sembrare più grande. Mi fa sedere sulla poltrona rossa e mi racconta la sua vita. Ci capiamo a malapena con gesti e con chissà altro però mi fa capire che ha perso un figlio a causa del terremoto e mi mostra la foto appesa alle pareti. Mi parla di tre nipoti rimasti senza padre e della necessità di garantire loro dei soldi. Finito il racconto si mette all’opera, mi aggiusta i capelli sopra le orecchie, le basette, la barba, mi fa uno shampoo non richiesto e mi lascia libero dopo avermi profumato. Come non aiutarlo pensando ai suoi tre nipoti.                

Partito dall’Oceano Pacifico e dopo migliaia di chilometri appare il Mediterraneo

Gaziantep, il castello

Un artigiano al lavoro

Il museo degli Hammam

A pranzo da Cigerci Mustafa

Il barbiere di Gaziantep

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