KHIVA – LA CITTA’ MONUMENTO

Secondo un’antica leggenda Khiva sarebbe stata fondata da Sem, figlio di Noé, quando scopri un pozzo che la popolazione incominciò a chiamare Kheivak. Da qui sarebbe derivato il nome Khiva. Una meraviglia, un gioiello, una città storica racchiusa da imponenti mura. Persino i tombini sono delle opere d’arte. Ichon-Qala, la città interna fortificata, è un sito UNESCO dal 1990. Camminando attraverso le strade ed i vicoli si ha la sensazione di vivere nel passato, tutte le case hanno mantenuto la fattezza ed il colore originale. Noi pernottiamo presso l’albergo Muso To’ra, una madrassa originale risalente al 1858. Magnificamente conservata e ristrutturata ha sulla sinistra la sala per le colazioni in luogo dell’antica libreria e sul lato opposto una stanza regale con baldacchino di velluto rosso ricavato dalla moschea. Un cortile rettangolare ben ombreggiato ospita le 18 camere tutte ricavate nelle aule di studio, senza finestre ma con una apertura (ora chiusa da un vetro) ricavata nel soffitto ad arco. Visitiamo diverse medresse e moschee ed il mausoleo di Pahlavon Mahmud costruito nel 1362. Entriamo anche nel Kuhna Ark, la fortezza nonché residenza dei sovrani costruita nel XII secolo. Anche qui la sala del trono ha le pareti riccamente decorate. L’opera più significativa della città rimane il minareto Kalta Minor rivestito da piastrelle turchesi. Secondo la leggenda fu voluto da Mohammed Amin Khan con l’intenzione di realizzare una costruzione altissima ma nel 1855 morì improvvisamente. E così il minareto rimase incompiuto mantenendo l’attuale forma tozza. Nel cortile di una madrassa assistiamo ad uno spettacolo di acrobati. Due fratelli si esibiscono su un cavo metallico. E per rendere tutto più spettacolare coinvolgono anche il figlio del più giovane della coppia. Il bimbo di soli cinque anni viene issato con una corda per finire sulle spalle di papà che si esibisce sul filo sospeso. Al termine delle acrobazie musiche tradizionali. Un ragazzino tiene il ritmo con un tamburo mentre gli acrobati si trasformano in musicisti. Suonano delle lunghe e strane trombe il cui suono mi ricorda quello un po’ sordo dei tromboni svizzeri. Alla fine applausi, foto ricordo e saluti molto cordiali.

Il gruppo di questo viaggio in Uzbekistan si compone e si ricompone. Sedici persone provenienti da tre diversi continenti, una sola coppia ed il resto tutti “solo travelers”, la maggioranza è inglese. Alcuni sono partiti da Bishkek (capitale del Kirghizistan) mentre io, con altri sei componenti, mi sono aggiunto a Tashkent. Alcuni sono diretti in Turkmenistan, io ed altri sei facciamo ritorno alla capitale assieme a Marifat, la giovane guida del gruppo. E così per l’ultima serata si organizza una cena d’addio. Sulla terrazza del Old Terrassa Restaurant il panorama è a dir poco splendido. Per sfondo la città con le sue madrasse ed i suoi minareti perfettamente illuminati. Un clima ottimale ed una piacevole brezza completano il quadro. Un cameriere suona un clarinetto mentre un altoparlante lancia musiche tradizionali alternate ad hit internazionali ed a Bella Ciao che ormai è diventata una canzone conosciuta in tutto il mondo. A me fa un grande effetto ma nessuno conosce le origini e il suo significato. Io mi permetto di cantare la canzone in lingua originale. La serata sulla terrazza termina danzando e con calorosi abbracci di saluto.

Lascio Khiva ancora estasiato dalla sua bellezza e dalla sua architettura così perfettamente conservate. Khiva è entrata a far parte delle mie città preferite del mondo.       

Il minareto Kalta Minor

Un’antica porta lignea intagliata affacciata a Zangarlar street

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