All’epoca di Marco Polo Xi’an era la città dell’imperatore, di poeti, di monaci, di commercianti e di guerrieri. Nel 1370 la dinastia Ming fece costruire le mura della città, le City Walls. Mura di 12 metri di spessore con un perimetro totale di 14 km. Un enorme rettangolo con quattro porte contrassegnate dai quattro punti cardinali. Un’opera immensa, simbolo del potere, una robusta difesa della città, impenetrabile, tutt’ora intatta. Per meglio dire ben restaurata perchè tra gli anni ’70 e ’80 era in totale abbandono. Nel museo che si trova all’interno delle torri sono esposte molte fotografie in b/n che illustrano quella rovina. Oggi sono completamente visitabili e perfino ciclabili. Io visito la porta est (East Gate), la porta della speranza. Superato l’arco d’entrata si accede ad un grande cortile. Giunti qui, gli eventuali nemici o invasori venivano attaccati da migliaia di frecce scagliate dagli arcieri posizionati sulle mura. Purtroppo oggi quel cortile è utilizzato per il parcheggio di auto e pullman dei visitatori. Salgo una lunga rampa di scale che porta ai cammini merlati. Le mura, con stendardi e lanterne rosse, sembra che non abbiano fine. Una di fronte all’altra svettano due torri col tetto a pagoda. La più alta era destinata ai generali mentre la seconda agli arcieri. Questa torre è visitabile ed ospita un museo. Al terzo e ultimo piano si possono ammirare i soffitti sostenuti da grosse travi in legno completamente dipinte. Esattamente nel centro di questo grande rettangolo disegnato dalle mura si trova la Bell Tower. Anch’essa una grande torre col tetto a pagoda risalente al XIV secolo e ricostruita nel ’700, originariamente ospitava una vecchia campana, da qui il nome. Poco più in là si trova la Drum Tower che ospita dei grandi tamburi sulle balconate del primo piano. Di notte, quando sono illuminate, sono uno spettacolo imperdibile. Camminando lungo il retro della torre si entra nel Muslim Quarter. Storicamente è stata un’area della città occupata dalla comunità Hui, oggi vede in prevalenza gli islamici. Donne velate e simboli religiosi si incontrano però solo all’interno dei ristoranti islamici mentre l’insieme è molto cinese. Affollatissimo di notte, un tripudio di colori, di luci, qui si vende ogni tipo di genere alimentare, di cibo di strada, di bevande (non alcooliche), dolci, gelati e frutta. Come sempre tutto ben esposto, ordinato e pulito. Mi fermo in un ristorante islamico dove mangio una zuppa di carne di montone con piccoli gnocchetti di pasta e verdure, gradevole. Nelle viuzze circolano molte ragazze vestite con abiti antichi costituiti da veli leggeri, tutte ben truccate con coroncine fiorate in testa. Una sera mi trovo in un centro commerciale e curiosando vedo un piano intero dedicato a questa nuova moda. Decine di negozi strapieni di queste vesti e angoli dove mani esperte truccano le ragazze. Lungo le strade le ragazze fanno selfie in continuazione, alcune nientemeno posano in costume con fotografi professionisti. La città è moderna e molto trafficata. Gli automobilisti sono molto indisciplinati e qualche volta anche rumorosi. Silenziosissimi sono invece i motorini elettrici, ne girano a migliaia e mi sembrano molto pericolosi perché sfrecciano a pochi centimetri dalle persone, anche sui marciapiedi. E attraversando il traffico cittadino, spesso intasato, mi porto fuori dalle mura per raggiungere la Big Goose Pagoda. Completata nel 652 è forse il miglior esempio della architettura del periodo della dinastia Tang (618–907 dc). Alta 64,5 metri è caratterizzata dai tipici sette livelli della religione buddista. La vasta area, circondata da aiole e zone verdi, ospita anche due templi con all’interno statue dorate del Budda. I fedeli davanti ai portali pregano, si inginocchiano, offrono incensi.




