DISKO ISLAND

Qeqertarsuaq, un nome praticamente impronunciabile che significa la “grande isola”. La cittadina, fondata dai danesi nel 1773 per scopi scientifici, è il capoluogo dell’isola di Disko. Posta nella baia di Baffin è affacciata a Ilulissat dalla quale dista solo un paio d’ore di battello. Qeqertarsuaq si trova alla base di un promontorio molto frastagliato così da poter dominare il mare da più sponde. Mare che naturalmente è occupato da molti iceberg, uno dei quali a forma di arco. Alloggio allo hotel Disko, l’unico dell’isola, in una piccola camera mansardata dalla cui finestra vedo la chiesa. Il solito stabile in legno rosso con i bordi delle finestre bianche. Un bel gioco di tetti spioventi e una torre campanaria bassa, staccata dal corpo della chiesa. L’interno ha la solita configurazione ma qui le pareti sono bianche e azzurre e le panche colorate di rosso. Non manca un supermercato dove approvvigionarsi. All’entrata casalinghi ed altri attrezzi vari ma nel reparto successivo sono esposti diversi fucili da caccia, alcuni anche di produzione italiana, fortunatamente tutti protetti da una catena di sicurezza. C’è un po’ di tutto ma segnalo che trovo la mia preferita pizza surgelata ma anche pesto di produzione italiana, sia rosso che di basilico. E poi si sa, la Nutella … ovunque. Anche qui tanti cani da slitta lasciati all’aperto, ognuno legato alla propria cuccia. E anche qui non mancano i latrati. E’ sufficiente che inizi un cane ad abbaiare che tutti gli altri lo seguono, un concerto che può durare anche una mezz’ora ma non è fastidioso. Il museo locale offre più o meno sempre le solite cose mentre ho trovato più interessante il Kuannit Art. Una piccola casa blu dove Kristen offre tè e caffè, del vino zinfadel bianco o rosso. Per me questa è l’ora del “bianchino” che diventa super perché accompagnato dalla vista sugli iceberg. Nel locale sono esposti molti prodotti dell’artigianato locale che una anziana signora innuit mi presenta con passione. E chissà, forse anche per personale interesse, comunque gli stivali di pelle di foca che mi mette nelle mani sono bellissimi. Io ho molto apprezzato anche l’ambiente umano che qui si è venuto a creare con Kristen e gli altri visitatori. La mia curiosità tecnico-scientifica è eterna, vedo due tecnici che armeggiano attorno ad un palo con sensori meteo. Mi avvicino spiegando che noi a Milano facevamo monitoraggio ambientale già 40 anni fa. I tecnici mi spiegano un po’ di dettagli, mi mostrano le loro moderne apparecchiature, ma rimangono stupiti sentendo cosa facevamo noi allora. Pongo una domanda: come va il tempo? L’addetto meteo pesta i piedi su una larga chiazza di neve e dice: ma non vedi che è fine giugno e c’è ancora tanta neve. A quanto pare questa primavera è stata molto nevosa. Inoltre i ricercatori dell’Università danese stanno studiando l’effetto della fuoriuscita naturale dalla terra di gas metano e di anidride carbonica. Questi studi vengono condotti dalla Artic Station, un bellissimo palazzo in legno rosso con alle spalle le rocce delle montagne ancora cariche di neve. Di fronte, un curatissimo campo di calcio con erba sintetica e qualche piccola tribuna, questo sport si pratica davvero ovunque. Oltre lo stadio una spiaggia nera dove, nelle ore di bassa marea, si vanno a depositare piccoli blocchi di ghiaccio. E per concludere la mia permanenza sull’isola? Un piatto di granchi groenlandesi accompagnati da uno charmat francese.  

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