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Di nuovo in battello tra i ghiacci per lasciare l’isola di Disko e ritornare a Ilulissat. Dopo una leggera pioggia riappare il sole che rende la traversata molto piacevole. Un elicottero vola sopra il battello, si abbassa e disegna cerchi in cenno di saluto.  Per cena sardine fritte ma non mi perdo l’emozione dell’ultimo sole di mezzanotte dalla terrazza dell’albergo. La mattina successiva volo in bimotore rosso per Kangerlussuaq, l’hub groenlandese costruito nel bel mezzo del nulla. Breve sosta e di nuovo in volo, destinazione Copenhagen. Recupero le quattro ore di fuso e infatti qui incomincia a far buio, non c’è più neve né ghiaccio, 17° e cielo coperto. Decido di pernottare a Malmo perché è più piccola, la conosco meno ed è anche più economica. In un attimo prendo il treno. In fianco alla linea ferroviaria un parco di celle solari mentre in mare vedo una cinquantina di pale eoliche. Tutto molto sostenibile. Tre minuti e ci si infila nel tunnel sottomarino per rivedere la luce sull’isola artificiale. In un attimo mi ritrovo sul mare che scorre veloce. Di nuovo la terraferma, due fermate intermedie per poi raggiungere Malmo Central. Sedici km di mare superati in sei minuti, ferry boat cancellati per sempre. 21 minuti complessivi per percorrere la tratta Copenaghen Aeroporto/Malmo Central. Ponti Si o ponti No, la comodità è indiscutibile. Sono stato informato da più fonti che Malmo non è una città sicura, pare che girino bande pericolose. Cosa da non credere pensando allo stereotipo svedese. E invece a quanto pare è, o meglio era, proprio così. Per cena, già a tarda sera, vado in una piazzetta molto affollata perché circondata da bar e ristoranti. Noto con un certo stupore che ogni locale è protetto da pannelli di vetro o da recinzioni metalliche. Ad ogni ingresso ci sono guardie armate e la security è ovunque. La città si affaccia sul mare con un bel faro bianco e rosso, ha canali dove famiglie e gruppi di amici navigano godendosi la bella mattinata domenicale. Ma qui il meteo è molto variabile e nel giro di poche ore vedo alternarsi scrosci di pioggia a momenti di sole. Riesco comunque a pranzare all’aperto ma sotto gli ombrelloni e con i funghi di riscaldamento. Malmo è famosa anche per la buona cucina. Pranzo da Mando, uno dei migliori ristoranti della città. Deludente, molto meglio la zuppa di pesce della serata precedente. Ripercorro in treno il ponte Olesund in senso inverso e mi imbarco sull’ultimo volo di questo mio viaggio, destinazione Malpensa.        

DISKO ISLAND

Qeqertarsuaq, un nome praticamente impronunciabile che significa la “grande isola”. La cittadina, fondata dai danesi nel 1773 per scopi scientifici, è il capoluogo dell’isola di Disko. Posta nella baia di Baffin è affacciata a Ilulissat dalla quale dista solo un paio d’ore di battello. Qeqertarsuaq si trova alla base di un promontorio molto frastagliato così da poter dominare il mare da più sponde. Mare che naturalmente è occupato da molti iceberg, uno dei quali a forma di arco. Alloggio allo hotel Disko, l’unico dell’isola, in una piccola camera mansardata dalla cui finestra vedo la chiesa. Il solito stabile in legno rosso con i bordi delle finestre bianche. Un bel gioco di tetti spioventi e una torre campanaria bassa, staccata dal corpo della chiesa. L’interno ha la solita configurazione ma qui le pareti sono bianche e azzurre e le panche colorate di rosso. Non manca un supermercato dove approvvigionarsi. All’entrata casalinghi ed altri attrezzi vari ma nel reparto successivo sono esposti diversi fucili da caccia, alcuni anche di produzione italiana, fortunatamente tutti protetti da una catena di sicurezza. C’è un po’ di tutto ma segnalo che trovo la mia preferita pizza surgelata ma anche pesto di produzione italiana, sia rosso che di basilico. E poi si sa, la Nutella … ovunque. Anche qui tanti cani da slitta lasciati all’aperto, ognuno legato alla propria cuccia. E anche qui non mancano i latrati. E’ sufficiente che inizi un cane ad abbaiare che tutti gli altri lo seguono, un concerto che può durare anche una mezz’ora ma non è fastidioso. Il museo locale offre più o meno sempre le solite cose mentre ho trovato più interessante il Kuannit Art. Una piccola casa blu dove Kristen offre tè e caffè, del vino zinfadel bianco o rosso. Per me questa è l’ora del “bianchino” che diventa super perché accompagnato dalla vista sugli iceberg. Nel locale sono esposti molti prodotti dell’artigianato locale che una anziana signora innuit mi presenta con passione. E chissà, forse anche per personale interesse, comunque gli stivali di pelle di foca che mi mette nelle mani sono bellissimi. Io ho molto apprezzato anche l’ambiente umano che qui si è venuto a creare con Kristen e gli altri visitatori. La mia curiosità tecnico-scientifica è eterna, vedo due tecnici che armeggiano attorno ad un palo con sensori meteo. Mi avvicino spiegando che noi a Milano facevamo monitoraggio ambientale già 40 anni fa. I tecnici mi spiegano un po’ di dettagli, mi mostrano le loro moderne apparecchiature, ma rimangono stupiti sentendo cosa facevamo noi allora. Pongo una domanda: come va il tempo? L’addetto meteo pesta i piedi su una larga chiazza di neve e dice: ma non vedi che è fine giugno e c’è ancora tanta neve. A quanto pare questa primavera è stata molto nevosa. Inoltre i ricercatori dell’Università danese stanno studiando l’effetto della fuoriuscita naturale dalla terra di gas metano e di anidride carbonica. Questi studi vengono condotti dalla Artic Station, un bellissimo palazzo in legno rosso con alle spalle le rocce delle montagne ancora cariche di neve. Di fronte, un curatissimo campo di calcio con erba sintetica e qualche piccola tribuna, questo sport si pratica davvero ovunque. Oltre lo stadio una spiaggia nera dove, nelle ore di bassa marea, si vanno a depositare piccoli blocchi di ghiaccio. E per concludere la mia permanenza sull’isola? Un piatto di granchi groenlandesi accompagnati da uno charmat francese.