LA PENISOLA DI SNAEFELLSNES

26 – 27 – 28 / 07 / 2022

Lasciare Reykjavik in auto è impresa molto difficile, non trovo indicazioni, mi faccio condurre dal mio senso d’orientamento ma a volte non basta. Una volta uscito dalla città però tutto cambia. Costeggio il mare fino ad imboccare il tunnel che attraversa lo Hvalfjordur, 6 km sotto l’acqua del fiordo in tutta sicurezza. Sosta per il pranzo ad Akranes, una zuppa di pesce “organica” molto speziata, accompagnata solo da acqua. Se si guida non si beve! Superata Borgarners imbocco la strada che porta verso Nord. Sosta in prossimità di un vulcano spento. Attraverso vallate verdi, qualche fattoria isolata, pecore che pascolano e qualche cavallo. Svolto a sinistra in direzione della penisola. La strada si fa sterrata, terra e sassi per tutti i 70 km da percorrere. Costeggio il mare, grigio, come grigio è il cielo. Cade un leggera pioggerellina. Supero un fiordo con una cascata sul fondo per arrivare a Stykkisholmur dove pernotto. Un piccolo borgo affacciato ad un porticciolo racchiuso da una grande roccia di basalto. Poche abitazioni bianche, verdi o rosse, ed una chiesetta in legno di colore grigio. Mi sistemo in un albergo. Lo stabile, in legno rosso è in stile tradizionale. Anche l’interno lo è, caldo, accogliente, tutto pulitissimo, molto cordiale l’accoglienza. Mi viene assegnata una camera singola, di piccole dimensioni, mansardata, con una piccola finestra che si affaccia al mare. Per la cena mi devo rivolgere all’unico locale del paese dove trovo un ambiente umano molto gradevole grazie agli scambi con turisti italiani e stranieri. La mattina, pima di partire, vado a visitare la Norska hùsid, una casa famigliare eretta nel 1832 da un ricco commerciante. La struttura ospita il Museo Regionale che accoglie una interessante raccolta di antiquariato locale. Al piano superiore si può visitare la residenza signorile arredata con mobili e attrezzature originali. Riprendo la strada in direzione Ovest, sempre lungo la penisola. Cielo grigio e pioggerellina. Si incontrano pecore bianche e nere, piccole stalle bianche col tetto rosso. Il cielo si fa sempre più carico di nubi scure. Incrocio una grande cascata di acqua spumeggiante che grazie a diversi salti scende la verde collina. Da quella posizione si può vedere distintamente la sagoma piramidale del vulcano avvolta dal grigiore del cielo. Isolata, sferzata dal vento, appare una chiesetta in legno, bianca col tetto rosso. Sul fianco un piccolo cimitero con croci bianche e pietre nere. Un tratto di asfalto ed ecco una strana segnalazione: “guidare con attenzione, uccelli sulla strada”. In effetti per qualche centinaia di metri decine di uccelli volano in ogni direzione rappresentando un forte pericolo per se stessi ma anche per gli automobilisti. Il pericolo viene segnalato con scritte sull’asfalto, cartelli gialli e luci rosse lampeggianti. A quanto pare ogni anno decine di uccelli vengono investiti dalle auto. Il motivo è molto semplice: questi uccelli si nutrono di pesci e quindi volano radenti sui fiumi. Il punto è che questi stormi confondono la strada con un ruscello e così capita che vengono travolti. Superato Hellissandur mi porto verso il capo della penisola fino a Ondeverdames. Rocce nere alternate a spiaggette scure sferzate dal vento e dalla pioggia gelida. Rientro a Olafsvikun piccolo borgo distribuito lungo il litorale. Per il pernottamento c’è un ostello ben organizzato, pulito e ben frequentato. Per cena sono al Hraun, fronte porto, l’unico ristorante del villaggio. Una bella struttura in legno con un buon servizio e un ottimo menù. Scelgo un piatto a base di salmone gratinato accompagnato da patate, insalata, broccoli, fragole e diverse salse. Davvero di ottimo gusto. E per concludere, dopo il vento e la pioggia, verso le 11 di sera appare il cielo azzurro e un bellissimo arcobaleno. Speriamo che possa essere un buon augurio per la giornata di domani. La mattina riparto con l’intenzione di attraversare la Penisola che include il famoso vulcano Snaefellsjokull, il ghiacciaio, campi e tunnel di lava. Il vulcano è di per se una meraviglia naturalistica ma è anche stato reso famoso da Giulio Verne nel suo libro “Viaggio al centro della terra”. L’autore immagina che i ricercatori, partiti da Reykjavik, si infileranno proprio in questo vulcano con l’intento di raggiungere il centro della terra. Dopo tante vicissitudini i ricercatori potranno rivedere la luce tornando alla superfice a Stromboli. Straordinaria la fantasia di Verne. Appena si esce dal villaggio la strada offre un tracciato acciottolato che si inerpica attraversando prati brulli e lungo torrenti che formano cascate di acqua gelida. Il cielo è sempre completamente coperto, pioggia leggera e di tanto in tanto appare qualche arcobaleno. Incontro una coppia di italiani bloccati a causa dei freni non funzionanti, cerco di dar loro una mano ma l’unica possibilità è rientrare al villaggio. Io proseguo e incontro le prime chiazze di neve, il colore del fondo della strada cambia da rossiccia a nera, ai lati rocce di lava raffreddata in modo rapido e casuale. Raggiungo il passo ma il cielo è completamente coperto da nubi, il panorama praticamente azzerato. Faccio una sosta, mi guardo in giro ma è praticamente impossibile imboccare un sentiero. E così decido di scendere verso la costa fino ad Arnarstapi, un piccolo villaggio dove in un bar bevo un buon caffè che mi riscalda. Un grande e tozzo monumento in pietre scure rappresenta un omaggio a Jules Vernes, Passeggio lungo la costa. Rocce scure che delimitano il mare con la superfice superiore ricoperta da erba verdissima. Sulle rocce, di fronte al mare, centinaia di gabbiani volano e si riposano. Il vento trasporta acqua ghiacciata che sbatte sulla pelle del mio viso. E qui decido che forse è arrivato il momento di prendere la decisione di rientrare. Proseguo fino al porto protetto da imponenti muraglioni di pietre. L’entroterra è coperto da prati, piccoli stagni o laghetti, case in legno di colore bianco, rosso o nero. Riprendo l’auto e percorro una buona strada litoranea, a sinistra versanti collinosi e piccole cascate, sulla destra una chiesa protestante di colore nero ma con porte e finestre bianchissime. Pernotto a Borgarnes per rientrare nella capitale il giorno successivo. Il tempo rimane grigio e piovoso ma, alle 23 dell’ultima notte, il sole si riaffaccia per un’oretta illuminando le vie della città. Sarà un arrivederci ?            

GIROVAGANDO LUNGO IL GOLDEN CIRCLE

22 – 25 / 07 / 2022

Lascio Reykjavik in direzione Sud-Est verso il famoso Golden Circle. La strada attraversa aree verdi dove, non raramente, si incontrano i famosi impianti geotermici riconoscibili grazie alle loro enormi emissioni di vapore. Prima sosta al Lava Tunnel, una galleria naturale formatasi 5.000 anni fa durante un’eruzione. Si cammina tra le pietre illuminate da grossi squarci della roccia fino ad infilarsi in un tunnel buio creato dal flusso della lava incandescente. Un fenomeno naturale frequente in questa terra vulcanica. Dalla galleria al lago. Eccoci alla Secret Lagoon, la più antica piscina naturale dell’Islanda ma, proprio per questo motivo, non molto segreta, anzi, piuttosto frequentata. Siamo in un’area geotermica dove l’acqua calda sgorga spontaneamente dal terreno. Attorno alla piscina principale si vedono ovunque pozze ribollenti e piccoli getti geiser. Bambini, adulti e anziani sono immersi nell’acqua calda fino alle spalle, molto più calda della temperatura esterna, senza considerare il vento freddo che soffia in continuazione. Qualcuno sorseggia un calice di vino bianco o un bicchiere di birra. Confesso che è una situazione piacevole, io ho optato per il vino, ovviamente. Di nuovo un vulcano, ora siamo sui bordi del Kerid Crater. 6.500 anni fa, cessata l’attività vulcanica, nel fondo della caldera si è formato un lago di acqua piovana che assume colorazioni marine grazie ai materiali che costituiscono le rocce. Proseguiamo seguendo il Golden Circle ed arriviamo al Thingvellir National Park, un ecosistema protetto dall’Unesco formato da verdi vallate, fiumi, laghetti e cascate. Qui la Natura offre molte opportunità ma sono state scritte anche importanti pagine di storia: in prossimità della Roccia della Legge i vichinghi fondarono nel 930 il primo parlamento democratico del mondo, l’Albingi. Ma la cosa che più mi emoziona è la spaccatura di Almannagja dove le due placche tettoniche, l’euroasiatica e la nordamericana, si affiancano distanziandosi. Un largo sentiero corre tra le rocce lungo la spaccatura tettonica che si allarga da uno a due centimetri l’anno. Un fenomeno eccezionale che spaccherà l’isola in due parti. Il suo lato occidentale proseguirà il suo lento cammino verso il continente americano. Davvero affascinante. Entro nell’area geotermica di Haukadalur, una valle termale con sorgenti calde, pozze ribollenti che possono anche raggiungere i cento gradi, vapori che s’alzano verso il cielo, gayser piccoli e grandi. Di fronte al centro Visitatori una folla di turisti gode lo spettacolo dell’attività dei gayser Strokkur che ogni 3 / 5 minuti si esibisce con un getto alto almeno 30 metri. E ad ogni occasione si ripete l’urlo della folla. Lungo il corso del fiume Hvità incrocio la cascata di Gullfoss  che con un doppio salto precipita in un suggestivo canyon. Impressionante la potenza di quest’acqua che sembra latte e che genera un’enorme quantità di spray trasportato dal vento. Il cielo è sempre grigio, pioviggina, la temperatura è sempre fresca, rientro verso la capitale.

FRIDHEIMAR – UNA SERRA – UN RISTORANTE NATURE

22 / 07 / 2022

Pomodori freschi in Islanda??? No, non ci posso credere, saranno sicuramente d’importazione. E invece sulla fredda isola nord-atlantica si producono tonnellate di pomodori all’interno di grandi serre. Noi andiamo a visitare Fridheimar, 40 km ad est della capitale, una serra produttiva ed un ristorante nello stesso sito. Filari di pomodorini si susseguono all’interno di estese serre riscaldate dall’energia geotermica e dal calore solare, quando disponile. Le radici non sono innestate nel terreno bensì in piccole scatole riempite di terra. Ogni scatoletta ha un tubicino attraverso il quale il sistema d’irrigazione fornisce acqua e tutte le sostanze necessarie alla crescita delle piante. Il risultato sembra essere molto buono: le piante, alte più di due metri, sono cariche di pomodorini rossi ben maturi o ancora verdi in fase di maturazione. Sembra tutto incredibile ed anche un po’ innaturale ma l’ambiente è affollato di api che circolano ovunque posandosi anche sulle mie mani. In assenza di una naturale circolazione di aria e vento sono proprio le api le artifici della impollinazione. Nella serra non solo pomodori ma anche girasoli e molte piantine di basilico. Anche a queste latitudini il connubio pomodoro e basilico è noto e apprezzato. Chissà, forse qualcuno ha visitato l’Italia apprezzando l’accoppiamento. Al termine della visita delle coltivazioni non ci resta che assaggiarne i prodotti. Ci si accomoda ai tavoli circondati dalle piante di pomodoro, un vasetto di basilico sul tavolo manco fossimo a Prà, immersi in un clima caldo-umido mentre all’esterno soffia il solito vento freddo. La zuppa di pomodoro è d’obbligo, buona, anzi buonissima, tant’è che ne faccio il bis. E non rinuncio ad una porzione di ravioloni alla borragine conditi col pesto homemade, una porzione così abbondante che la condivido con gli altri commensali. Lasciando la greenhouse si rientra nel freddo clima islandese, sempre ventoso e, anche oggi, cielo coperto e pioggia leggera. 

VIDEY – Una minuscola isola tutta natura

23 / 07 /2023

Meta ideale per una breve escursione in giornata, l’isola di Videy si trova di fronte al porto commerciale di Reykjavik. Bastano pochi minuti di battello per entrare a pieno titolo nella natura, la città è alle nostre spalle ma sembra d’essere a miglia di distanza dalla “civiltà”. Superato l’antico stabile in pietra a tetto spiovente, ora adibito a bar-ristorante, sulla destra si imbocca il sentiero che attraversa il vecchio abitato. Le fondamenta delle vecchie case sono ancora riconoscibili mentre i muri sono quasi totalmente distrutti. L’isola è stata abitata dal 900 dc fino al 1950 da diverse famiglie e uomini di stato. La scuola è invece tutt’ora ben conservata con arredi e pannelli didattici alle pareti. Sul lato opposto dell’isola invece si incontra la Imagine Peace Tower voluta da Yoko Ono, un monumento dedicato a John Lennon. Un pozzo rotondo che guarda il mare con messaggi di pace scritti in 24 lingue del mondo, italiano compreso: “Immagina La Pace”, concetto così necessario oggigiorno ! Inoltre, ogni sera del 9 ottobre (data del compleanno di John) e del 8 dicembre (anniversario della sua morte) viene proiettata una altissima colonna di luce nel cielo notturno. L’isola è ricoperta da erba, rovi e piante basse. Il vento fresco fa ondeggiare la vegetazione e crea un forte fruscio che si alterna al ronzio delle api e dei garriti dei gabbiani. Tutta l’isola è attraversata da una rete di sentieri, alcuni anche percorribili in bicicletta, un’oasi naturale pacifica e tranquilla. E mentre rientro in città esce uno scampolo si sole, arrivano le famiglie per una breve visita.  

REYKJAVIK, LA CAPITALE PIU’ A NORD DEL MONDO

22 -23 -24 / 07 / 2022

Reykjavik, affacciata sul golfo di Faxafloi e bagnata dalle acque dell’Oceano Atlantico, è considerata la capitale più a Nord del mondo. Qui siamo al 64° Lat Nord, poco sotto il Circolo Polare Artico. 120.000 abitanti che diventano circa 200.000 se includiamo anche i sobborghi. Due terzi della popolazione nazionale vive in quest’area. Tutto ciò dà l’idea di cosa è questo paese: lande verdi, montagne, vulcani, piccoli centri abitati, abitazioni isolate.

Il cuore pulsante della città è la “Vecchia Reykjavik”, tante stradine che s’incrociano dove si allineano case tradizionali di legno tinteggiate coi più diversi colori. Al centro un tranquillo laghetto dove vivono cigni e gabbiani. Poco più in là si trova l’Althing, il palazzo in basalto del Parlamento islandese, una sessantina di deputati in tutto. Qui di fronte si sono tenute le manifestazioni popolari che alcuni anni orsono hanno portato alle dimissioni dei ministri corrotti. La popolazione ha invaso questa tranquilla piazza agitando pentole ripiene di monete. I ministri accusati hanno dovuto riparare all’estero e, in seguito alle loro condanne, si è verificato il fallimento economico del paese nell’autunno del 2008. Scendendo verso il mare arriviamo al Vecchio Porto. Tempo fa era un porto di servizio, ora è stato trasformato in una attrazione turistica con i moli di partenza per le escursioni in barca alla ricerca di balene e delle “pulcinelle di mare”, piccoli uccelli bianchi e neri con un becco alquanto strano. Le vecchie baracche in legno sono invece state trasformate in piccole gallerie d’arte, musei, cinema e tanti piccoli ristoranti che offrono prevalentemente prodotti di mare. Io segnalo una stupenda zuppa di langustine. Proseguendo lungo la costa si incontra la sala da concerti Harpa. Oltre alla qualità dei concerti che vi si tengono, Harpa è una notevole opera d’architettura moderna. L’esterno è composto da centinaia di pannelli di vetro sfaccettati e luccicanti che cambiano colore in funzione dell’impatto con la luce solare. Rientrando verso il centro si imbocca la pedonale Bankastraeti che più avanti cambia il nome in Laugavegur, entrambe ospitano negozi, bar e ristoranti. Alcune palazzine sono tinteggiate con murales di buona fattura. Passeggiando lungo la Bankastraeti, in corrispondenza di un vecchio locale, si incrocia una diagonale che porta verso l’alto della collina dove sorge la Hallgrimskirkja. Il primo tratto di strada pedonale è interamente verniciato coi colori dell’arcobaleno a sostegno del movimento LGBTQ+. L’Islanda, da questo punto di vista, è uno dei paesi al mondo più aperto a questo argomento. La strada che sale è la Skolavordustigur, anch’essa piena di locali con tavolini all’aperto dove si sorseggiano boccali di birra ma anche calici di vino. Non mancano i ristoranti dove si consumano piatti locali a partire dal fish and chips che normalmente è un merluzzo, o cod, fritto. Sono riuscito a godermelo anche io un giorno a pranzo approfittando di una oretta di sole. Sulla piazza della chiesa si staglia la statua del vichingo Leifur Eiriksson, il primo europeo che raggiunse l’America navigando lungo il mare del Nord. Hallgrimskirkja è una grande chiesa luterana costruita con un freddo cemento bianco durante l’ultimo dopoguerra. La facciata è costituita da blocchi di cemento, le fiancate ricordano le colonne di basalto fuoriuscite dai vulcani, la struttura si spinge verso l’alto e termina con una torre alta 75 metri. Per questo motivo, ed essendo stata costruita sull’unica collina della zona, la chiesa è visibile anche a 20 km di distanza. La prima volta vi entro stanco della passeggiata e completamente inzuppato da una pioggia fine e gelida che mi accompagna poco gentilmente durante questo mio viaggio. Il primo istinto è quello di sedersi e le panche, che sono rivolte verso il retro, consentono di ammirare l’enorme organo costruito nel 1922 con ben 5.275 canne. Rivolgendosi invece verso l’altare si nota una struttura moderna, sobria, fredda, che si spinge verso l’alto ma che non emoziona. La città è ricca di musei e ne vorrei citare solo due. Il primo è sicuramente il Museo d’Arte – Hafnarhus distribuito in tre siti diversi della città e piuttosto distanti tra di loro. Il più interessante è certamente il primo che si trova in centro città. Allestito in un vecchio magazzino ristrutturato e convertito in spazio espositivo. Si trovano installazioni, video, dipinti ma prevale l’esposizione infinita di quadri in stile fumettistico dell’islandese Errò. I quadri trattano ogni tipo di soggetto, dalla guerra alla politica, la natura, storie di uomini e donne realizzati su enormi tele. Francamente mi ricordano i fumetti di Jacovitti che leggevo settimanalmente da ragazzo. Nel cortile dell’ex magazzino ho invece trovato interessante il riutilizzo di due containers rossi trasformati in sale di proiezione. Il secondo museo è invece una delle cose più strane che io abbia visto nel mondo: il Museo Fallologico Islandese. Ebbene si, un museo del “cazzo” come qualche ragazzo italiano ha scritto sul diario. Battute a parte il museo espone una collezione infinita di peni umani e animali, ben 182 complessivamente. Si passa dal pene microscopico di un topolino a quelli dei balenotteri, passando anche attraverso quelli umani. E c’è persino il calco del pene di Jimi Hendrix.

Reykjavik è comunque una città molto viva. E’ piena di bar, pub, ristoranti. Parlando di cucina, ovunque si trova una zuppa che può essere di pomodoro, di pesce o di carne, agnello o manzo. Io ho decisamente preferito quella tradizionale d’agnello con patate e verdure. L’agnello la fa da padrone, arrosti e cosciotti, tutti mediamente buoni. Il pesce è disponibile in tutti i locali: merluzzo, salmone e aringhe. Birra e vino di importazione vengono bevuti in modo quasi paritario. Ho trovato nei menù anche interessanti vini italiani di qualità, Prosecco e Aperol Spritz ovunque. La città offre molte opportunità per godere musica pop/rock live. L’Hard Rock Cafè non ha un palco quindi niente musica live, per di più chiude alle ore 21. Secondo la mia esperienza il locale migliore è il Mal Og Menn9ng. Un ottimo gruppo composto dai quattro elementi che esegue magicamente covers internazionali coinvolgendo il pubblico che è seduto circondato da scaffali di libri. Sui tavoli a disposizione scacchi, mazzi di carte e giochi di società. Un luogo dove giovani e anziani possono passare una serata intera. Reykjavik insomma è una città aperta, libera, culturale e divertente.

ATTRAVERSO L’ISLANDA IN UN SOLO GIORNO

20 – 21 / 07 / 2022

Dopo una notte di tranquilla navigazione, il ferry imbocca il fiordo Reydarffjordur, le nuvole si aprono e appare il sole, il cielo è finalmente azzurro, il vento piuttosto freddo. Percorriamo un fiordo profondo 17 km, ai lati prati, rocce e cascate, montagne dalle cime innevate. Lentamente la nave attracca al molo di Seydisfjordur e mentre mi preparo allo sbarco, auto, camper e camion iniziano a raggiungere la terraferma. Sul lato opposto centinaia di mezzi si preparano per l’imbarco ma, una volta terminate le operazioni di carico e scarico, il paese assume la sua caratteristica di località dolce e tranquilla, ospitale, che ha saputo accogliere artisti ed intellettuali. Il centro abitato è composto da case in legno di tutti i colori mentre la chiesa è di colore azzurro tenue. Di fronte alla chiesa la vera attrazione della località: Nordurgata, o meglio, la Via dell’Arcobaleno: un centinaio di metri di selciato dipinto con i colori dell’iride. E proprio durante la mia visita ragazzi e ragazze ridipingono le strisce colorate. Secchi pieni di colori, rulli coi lunghi manici, movimenti precisi, ridanno vita a questo simbolo di libertà, solidarietà e fraternità. E una ragazza si rivolge a me aggiungendo: ora è anche un forte simbolo di pace. La Rainbow Street incrocia un trivio dove si trovano due opzioni per il pranzo. El Grillo Bar che offre piatti alla griglia , una ventina di birre islandesi nonché una speciale El Grillo, preparata secondo un’antica ricetta che deve il nome alla petroliera britannica affondata nel fiordo molti anni fa. Di fronte invece si trova il Nordic Restaurant situato nell’edificio dell’Hotel Aldan. Nella sala, prevalentemente in legno chiaro, si apprezza la pace e la tranquillità. Vengono offerti pesci locali o un piatto di filetti d’agnello al forno accompagnati da purè e verdure locali. Un piatto davvero squisito e la carne molto tenera. Un mini-bus fa servizio verso l’aeroporto di Egilsstadir, nell’entroterra. La strada sale verso colline e montagne verdi attraversate da cascate fino a raggiungere un lago artificiale. Le montagne che circondano la zona hanno grosse chiazze di neve. Si prosegue lungo l’altopiano dai contorni molto morbidi fino quando appare un laghetto stretto e lungo. Un breve discesa ci porta dove, su un tratto piano, sorge l’aeroporto. Tutte le operazioni sono molto semplici, nessun controllo sicurezza e il piccolo turbo-elica con destinazione Reykjavik lo si raggiunge a piedi. 50 minuti di volo e si atterra all’aeroporto cittadino della capitale.

TUTTO IL MONDO E’ PAESE … PERO’

17 / 07 / 2022

Tutto il mondo è paese. Lascio Malpensa in pieno caos: è in atto uno sciopero delle “low cost” e nel pomeriggio si aggiungono anche i controllori di volo. Questo è il Bel Paese nel bel mezzo di luglio. Arrivo a Copenaghen e trovo una situazione caotica, alla riconsegna montagne di bagagli, valige e trolley. E il mio volo per le Faroe è cancellato! La causa? Sciopero dei piloti della SAS. Però … però, però dopo qualche minuto d’ansia all’assistenza passeggeri mi trovano la soluzione: sono in lista d’attesa su un volo della Atlantic Airlines che partirà solo qualche ora più tardi. Grazie Peter e complimenti per la tua professionalità. E dopo un paio d’ore di volo, l’aereo scende sotto la densa coltre di nuvole che tutto copre ed appare un velluto verde che ha per frange le onde dell’oceano Atlantico. Ecco l’arcipelago delle Faroe. Atterro con la pioggia, la temperatura è di 12° contro i 37 di Milano. Dai tropici … all’autunno nordico. Però sono arrivato alle isole Faroe 😊

LE ISOLE FAROE

18 -19 -20 / 7 / 2022

Verde e grigio sono, in questi giorni, i colori dell’arcipelago. Il verde dei prati, il grigio del cielo e del mare. Solo qualche raro raggio di sole muta il grigio nel blu marino e nell’azzurro del cielo. Cascate e cascatelle scorrono un po’ ovunque e scavano la roccia nerastra. Pecore dal vello giallastro, nero o pezzato pascolano sulle colline. Ai colori della natura l’uomo ha aggiunto il bianco, il rosso e il nero delle abitazioni. Così vedo in sintesi le Faroe. Diciotto isole al largo delle coste settentrionali dell’Europa, tra il mare di Norvegia e il Nord dell’Atlantico, 62° Lat. Nord. Sconosciute ai più, sono rimbalzate alla cronaca internazionale a causa della strage di delfini dello scorso settembre. 1.500 esemplari sono stati massacrati sulla spiaggia in un mare rosso di sangue. Tradizione e violenza sono stati condannati in tutto il mondo. Percorro in auto le strade dell’arcipelago dal Sud-Ovest al Nord-Est. Pochi i ponti, tanti i tunnel che attraversano le montagne o che uniscono le isole passando sotto il mare. Vestmanna, Klaksvik fin su a Vidareidi, praticamente il punto più settentrionale delle isole. Si arriva attraversando una galleria buia e stretta, al ritorno però preferisco percorrere la vecchia strada lungo il litorale Nord. Case colorate distribuite qua e là, qualche prato con le balle di fieno, pecore che belano sui prati e gabbiani che garriscono. Ad una estremità del villaggio, di fronte al mare, costruita sulla roccia scura, sorge un’antica chiesa protestante con il vecchio cimitero: alcune tombe in pietra e un paio di croci arrugginite sono rivolte verso l’orizzonte. Il cielo è sempre coperto da nubi grigie e la luce del pomeriggio è la stessa fino alle 23. Uno squarcio d’azzurro ha cambiato la prospettiva solo per un’oretta. Per cena mi gusto un ottimo cosciotto d’agnello arrosto. La mattina seguente il cielo è di nuovo grigio. Scendo fino a Torshavn per imbarcarmi con destinazione Islanda. Un porto commerciale ed uno turistico circondato da case moderne e antiche, bianche, rosse, blu, gialle, le più vecchie con il tetto tradizionale ricoperto da terriccio ed erba. Un lungo suono della sirena annuncia che il traghetto sta per lasciare il porto. Destinazione Islanda.