UN BUFFET GROENLANDESE

Per iniziare una bella zuppa: una brodaglia scura con un po’ di riso stracotto e pezzi di foca duri e amari. Direi che la zuppa di foca non è stata una buona esperienza e, a quanto pare, non solo per me. Vedo che non ha avuto un grande successo. Andiamo oltre, trascurando le verdure e la solita insalata di patate “alla tedesca”, affronto pesce e crostacei crudi. Gamberetti, filetti di halibut, granchi. Freschissimi, carni bianche, sapore delicato, chele arancioni lunghissime e colme di polpa. Ottimi. Esposti su dei fili trovo pezzi di halibut esiccato, duro e un po’ insapore. Bis di granchi ma non di halibut. Naturalmente a disposizione c’è una vasta selezione di salse, direi non solo maionese. Sul tavolo successivo patate e trancetti di balena, troppo duri, li evito. In fianco trovo dei pesci impanati e fritti, molto buoni e rifaccio un bis. Segue una specie di paella: riso (troppo cotto), mandorle e uvetta, gamberetti, tranci di halibut grigliato con qualche foglia aromatica. Buono anche se, ovviamente, meglio quella spagnola. Per dessert un po’ di frutta tropicale, forse non troppo locale, ed un dolcetto di cioccolato con crema. Tutto molto ben presentato e servito ma risulta chiaro che la cucina locale era sostanzialmente povera e basata su pesce e crostacei. Bevande? Un calice di vino bianco californiano, uno Zinfadel, forse un po’ troppo fruttato.

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