LONGYEARBYEN

Longyearbyen, Spitsbergen, isole Svalbard. Latitudine 78° 13’ Nord

Il sole non sorge fino alle ore 12,01 del 15 febbraio 2022

Temperatura (nel mio periodo di soggiorno): minima – 22,6° massima – 11° Meteo: neve, vento forte, cielo coperto e schiarite

La scoperta di questo arcipelago è attribuita all’olandese Wilem Barents che lo chiamò Spitsbergen. Tutt’ora la maggiore isola delle Svalbard mantiene questo nome che significa “montagne aguzze”. Per un lungo periodo sull’isola vissero solo pochi cacciatori immersi in una natura incontaminata e selvaggia. Solo nei primi decenni del XX secolo, grazie alle attività estrattive del carbone, Longyearbyen iniziò a svilupparsi ed ora conta poco più di 2500 abitanti. La mappa della città ricorda una grande T. Il tratto più corto si rivolge verso il mare dove si trovano la attività industriali e il porto. Sulla linea perpendicolare invece si estende la zona abitata e turistica che termina a Nybyen dove le vecchie baracche dei minatori sono state trasformate in abitazioni. La città è quindi circondata da montagne e dalle lingue di due ghiacciai. Tutto è costruito sul permafrost (terra costantemente ghiacciata) che qui ha uno spessore anche di 600 metri. Le temperature invernali sono molto rigide ma anche quelle estive di media stanno tra i 3 e i 7 gradi. Le temperature basse e il buio invernale richiedono un grande consumo di energia. Anche i tubi dell’acqua debbono essere riscaldati per evitare la formazione di ghiaccio. L’energia ha praticamente una sola fonte: il carbone. Questo ovviamente ha un forte impatto sull’ambiente (emissioni di polveri e CO2). La cosa incredibile è che nel caso la centrale termica entrasse in blocco, tutta la popolazione residente dovrebbe essere trasportata sulla terraferma! Inimmaginabile la confusione e i costi. Nella stagione invernale la temperatura nelle abitazioni e nei locali pubblici è piuttosto alta. In molti ambienti si sta perfettamente con una T-shirt mentre fuori imperversa una bufera di vento gelido e neve. Un grande spreco. L’imposizione “Togliti le scarpe” si trova spesso scritta all’entrata dei locali, soprattutto negli alberghi. La trovo una bellissima abitudine, ed è anche comoda. Qui vivono molti norvegesi ma anche tantissime persone di etnie differenti provenienti da diversi continenti. Mi sembra una comunità tranquilla, pacifica, dove tutti sono ben integrati. Se un’azienda offre un lavoro, viene offerta anche un’abitazione. Gli stipendi sono piuttosto alti e le tasse basse. In aggiunta, tutto alle Svalbard è tax-free e non si applica l’IVA. Una chiesa cristiana sul versante del monte, un grande supermercato dove si trovano prodotti provenienti da tutto il mondo, il Nordpolet un negozio per la vendita degli alcoolici, qualche centro commerciale, bar e ristoranti. La città però non è tutta qui, la cultura e lo studio sono molto presenti: asili, scuole fino al ginnasio, una biblioteca sempre a disposizione dei residenti 24/7, l’importante Svalbard Museum. L’edificio, basso e moderno, è condiviso con l’UNIS, la locale università dedita soprattutto alle tematiche naturali ed ambientali. Lo spazio espositivo del museo presenta diversi argomenti: la storia delle isole, le condizioni di vita dei primi cacciatori e dei minatori, molti animali imbalsamati ambientati nel loro habitat naturale, fotografie e documenti. Purtroppo, nel corso della mia visita, lo Spitsbergen Airship Museum non è visitabile. Pare abbia una interessante collezione di filmati, giornali, fotografie e documenti legati alla storia delle esplorazioni polari. Un’altra esposizione interessante è la Wild Photo Gallery dove si possono ammirare le fotografie straordinarie di due fotografi norvegesi. Ambiente e natura, animali selvatici, sono raffigurati attraverso un mix di immagini davvero meravigliose. Durante un tour guidato ho avuto modo di notare altre cose molto interessanti: un grande lago d’acqua dolce grazie al quale viene soddisfatto il fabbisogno idrico della città, centri di allevamento di cani da slitta dove ogni animale ha la propria cuccia, un centro di ricerca dell’attività magnetica solare con due grandi parabole che, viste così al buio, mi davano la sensazione di vivere un incontro ravvicinato del terzo tipo e non lontano, ma non visitabile, il famoso Global Seed Vault, la banca mondiale dei semi. All’esterno si vede solo l’ingresso della galleria ma all’interno, scavata nel permafrost, c’è una grande caverna dove potranno essere conservati più di due miliardi di semi per almeno quattromila anni! Insomma, una specie di “arca di Noè” dei semi vegetali. Sempre su questo versante si trova la miniera 7, l’ultima ancora in attività. Sul versante opposto invece si trovano ancora le antiche strutture in legno utilizzate all’inizio del secolo scorso durante il periodo di sviluppo dell’attività estrattiva. I grandi tralicci in legno delle vecchie teleferiche che servivano a trasportare il carbone dominano ancora oggi il panorama della vallata. Lungo il perimetro della città è tracciato una sorta di confine invalicabile oltre il quale vige il regno animale. Sul bordo delle strade si incontra il cartello Gjelder Hele Svalbard che sta ad indicare condizioni di pericolo a causa della selvaggina e degli orsi polari. Le armi sono quindi uno strumento di difesa localmente piuttosto diffuso. Attenzione però. Le armi sono vietate all’interno dei centri commerciali dove sulle porte d’ingresso sono esposti i divieti di accesso ai fucili ed alle pistole.

Pub, bar e ristoranti sono i luoghi di ritrovo della comunità e dei visitatori. Tutti molto accoglienti, con personale sempre molto gentile, sorridente, socievole e ben preparato. Il primo che vorrei citare è Fruene, che significa “signore” e, in effetti, il personale è solo di sesso femminile. Inserito nel centro commerciale Lompen è stato per me il quotidiano punto di riferimento per il pranzo. Dopo le pantagrueliche colazioni del Mary Ann e del Polfareren è praticamente impossibile pranzare, meglio una zuppa calda che riscalda tutto il corpo. E quindi ogni giorno un sapore diverso: cavolfiore, patate dolci, pomodori e, perché no, anche un bel gulasch. Da Kroa faccio invece un’esperienza natalizia, anche se parecchio pesante: il Christmas plate: costine di maiale al forno, polpette di maiale e salsiccia di grasso di maiale. Una bella “porcata” accompagnata da patate lesse e barbabietole stufate. La mia preferenza però ricade su Stationen, anch’esso ubicato nel Lompen. Da segnalare: zuppa di gamberi e scampi con crostini, risotto gamberi e parmigiano (finto). merluzzo al forno con purè e crostini di bacon. E per concludere, da dimenticare, da non ripetere … un hamburger di balena. Già il gusto non è molto gradevole ma soprattutto non è sostenibile. Le balene sono animali protetti e bisognerebbe non favorirne il mercato.

In questi giorni Longyearbyen si sta preparando a festeggiare il Natale. In tutti i locali pubblici si trovano alberi di Natale, la strada pedonale è illuminata e proprio domenica 28 novembre, accompagnato dalle musiche della banda locale, si è illuminato l’albero nello spazio centrale della città. Dopo l’accensione tre cerchi di persone hanno iniziato a ballare ruotando attorno all’albero. Contemporaneamente veniva distribuito del glu wine (vin brulé) mentre un vento gelido sollevava il nevischio ghiacciato.

Al momento della mia partenza mancano esattamente 75 giorni al ritorno dei primi raggi di sole.   

Il cielo blu di Longyearbyen, il sole rimane sotto l’orizzonte per più di tre mesi all’anno
La strada pedonale del centro città
L’interno dello Svalbard Museum
La ricostruzione di un’abitazione di cacciatori
Allevamento di cani da slitta
Le danze attorno all’albero di Natale dopo la sua accensione

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