Maralal è considerata la capitale culturale e spirituale del popolo Samburu. I samburu sono una popolazione originaria del lago Turkana (sito poco più a Nord, in prossimità dell’Etiopia) che si è insediata su questo altopiano posto a 2.200 metri slm. I samburu sono simili ai masai, con loro convivono pacificamente ed hanno una lingua molto simile. Come i masai, le donne samburu indossano larghe collane di perline colorate, gli uomini portano sempre un bastone che spesso appoggiano sulle due spalle. Maralal ha ora strade asfaltate ma l’area destinata ai pedoni non lo è per cui c’è sempre fango e polvere. Moltissimi sono i negozi e le attività artigianali che si susseguono su queste strade. Fino a qualche decina d’anni fa il Buffalo House Hotel, famoso per le due corna di bufalo sul fronte, era un pò considerato il centro della città. Era così caro e lussuoso che quarant’anni fa non me lo potevo permettere. Ora è semplicemente la brutta copia di quello che è stato. Squallido, maltenuto, sono entrato per un the ma ci ho rinunciato. Sulla sinistra un porticato con molte donne in abiti tradizionali che vendono frutta e verdura. Attraverso un portone si accede in un ampio cortile circondato da negozi dove stazionano alcune vacche in vendita. Sul lato opposto della strada un grande mercato dedicato soprattutto all’abbigliamento. Vedo molti capi con il marchio Gucci (che quì si pronuncia gussi) e Jeep, anche se non ne circola una (le automobili sono quasi tutte di fabbricazione giapponese o coreana). Anche qui, come in altre città, la moto viene usata come taxi, con cinquanta o cento scellini (mezzo o un euro) questi ragazzotti ti scarrozzano ovunque. E quando piove sulle moto montano una sorta di lungo ombrellone per non bagnarsi. Il centro città è praticamente rappresentato da una rotonda con una pianta nel mezzo dove si affacciano un ristorante etiope di pessima qualità, le fermate dei matatu ed altri negozi. In questi giorni si tiene il Camel Derby, l’evento dell’anno. Concorrenti provenienti da molti paesi si sfidano sulla groppa di dromedari lungo una pista sterrata. Il Camel Derby è anche una grande occasione di divertimento per tutti. Già il giovedì, nei pressi della rotonda centrale, un un camion adibito a teatro mobile attira centinaia di persone. Vengono trasmesse musiche e canzoni, perlopiù rap o grandi tormentoni, ad altissimo volume. Un cantante/presentatore intrattiene il pubblico mentre alcuni ragazzi e ragazze ballano tutto il giorno. La gente accorre volentieri, canta e urla, qualcuno balla, il traffico è rallentato. Il sarto che ha il negozietto di fronte lavora mentre si gode lo spettacolo. Venerdì vado sul campo di gara, oggi si tiene una mezza maratona alla quale parteciperanno una trentina di persone, ma è un evento lo stesso e i corridori ce la mettono tutta. Sul grande prato che porta verso lo Yare Camel Camp, l’organizzatore dell’evento, una infinità di stand. Quelli più ufficiali sono dei bei gazebo bianchi, gli altri più artigianali sono costruiti con tronchetti di legno e teli. Molti sono dei luoghi di ristoro dove si friggono patate e si grigliano agnelli mentre quelli più particolari sono dei piccoli studi fotografici pieni di fiori e poster che ritraggono case ed auto di lusso. Molte sono Ferrari e Lamborghini e non manca papa Francesco. Quando torno la domenica pranzo in un ristorantino sotto un grande gazebo bianco, mi sembra il più pulito. Mi viene servito del riso bollito che accompagna un sughetto con patate e alcune verdure cotte. Complessivamente buono. Vengo invitato a sedermi assieme ad un gruppo di poliziotti e poliziotte, tutti molto cordiali. Sul prato dello Yare è stato costruito un palco dove parlano le autorità regionali e nazionali. Sull’erba sono seduti diversi gruppi di persone, uno più interessante dell’altro. Signore in abiti tradizionali pieni di colori con collari di perline e strisce frontali. Altre donne con gli abiti di tela di colore rosso, ed altre ancora di colore azzurro. Uomini a petto nudo ma coperto da collane, indossano copricapi colorati, teli avvolti sulla vita come gonne, calzettoni a righe orizzontali dai colori più strani: bianchi, gialli, rossi, verdi, azzurri. Sul capo tutti portano un copricapo del colore della terra rossa che ricorda quelli in terra e sterco che venivano usati alcuni decenni fa. Sopra il copricapo quasi tutti hanno piume d’uccello o fiori. Tutti hanno il bastone e molti anche un grande coltello. Intanto sul grande prato un gruppo intona canti gospel. Al centro della fiera un’antica ruota arrugginita dove salgono bambini in maschera che viene mossa manualmente da un paio di ragazzi. Sul fianco un vecchio calcinculo mosso da un rombante e fumoso motore diesel. Ma quello che conta è che la gente si diverte. Ci sono famiglie, bambini che vengono truccati, altri invece guidano automobiline a pedali. Insomma una grande festa. E’ il Maralal International Camel Derby.