Entebbe

Nella mia memoria Entebbe ha sempre rappresentato il luogo del dirottamento di un aereo israeliano e della successiva liberazione degli ostaggi. Sembra incredibile come tutto ciò sia potuto accadere. Era il 1976, lo FPLP (formazione estremista che entrò in contrasto con l’OLP di Arafat) dirotta un aereo dell’Air France diretto a Parigi. Dopo una breve sosta a Bengasi (Libia) l’aereo atterra ad Entebbe. Dopo aver liberato 140 passeggeri i dirottatori trattengono 105 cittadini israeliani. Dopo alcuni giorni quattro aerei tipo C130 dell’Aeronautica Militare Israeliana atterrano ad Entebbe in piena notte. Fu fatta scendere un’auto di colore nero fingendo la visita del dittatore Amin. L’auto era una specie di “cavallo di Troia” perché in effetti trasportava militari israeliani che, entrati nel terminal dell’aeroporto, liberano gli ostaggi ed uccidono i sei dirottatori (fonte: Wikipedia). Una storia incredibile che non ha nulla a che fare con la mia !

Partiamo la mattina presto dall’Enganzi Lodge, la strada per Entebbe è lunga e c’è l’incognita traffico. La qualità del fondo è buona e riusciamo a tenere una buona media. Attraversiamo villaggi dove possiamo vedere la vita quotidiana: chioschetti e cibo di strada, banane, case dal tetto piatto colorate con colori molto vivaci, camion e motociclette stracariche. Per pranzo ci fermiamo all’Aid Child’s Equation Cafe (shop, bar e ristorante, sostenuto da GAdventures) che ha lo scopo di aiutare i bambini orfani della zona. Un buffet molto semplice tutto composto da prodotti locali: riso, carne in umido e verdure. Mentre pranziamo un gruppo di percussionisti ci raggiunge e al suono ritmato dei loro tamburi un paio di ragazzi improvvisano dei balli tradizionali. Passeggio lungo il bordo della strada e davanti ad un chiosco di chapati incontro due bambine meravigliose, una in tutina rosa, l’altra in gonnellina nera e magliettina rosa, diventano l’attrazione per chiunque passi di lì. Quella in tutina riceve dalla mamma una bottiglietta di Coca Cola e si diverte bevendola diventando un meraviglioso soggetto fotografico. E dopo aver posato per tutti noi si getta nelle braccia del papà seduto accanto. Qualche passo e di nuovo incontriamo l’Equatore, ai lati della strada due cerchi in cemento con la scritta Uganda come avevamo già visto. Qui però c’è qualcosa in più, uno strano gioco, o meglio, una prova scientifica. Sulla linea dell’Equatore c’è una vaschetta gialla con un buco in centro, tre metri verso il versante Nord ce ne è una seconda con una spirale nera e nel centro lo scarico, sul lato opposto una terza sempre con la spirale nera e lo scarico centrale. Ecco l’esperimento: un addetto riempie d’acqua la vaschetta che sta a Nord e ci aggiunge un fiorellino, l’acqua scende in senso orario. La cosa si ripete nella vaschetta posta sul versante Sud, l’acqua però scende in senso antiorario. E quando l’acqua si scarica dalla vaschetta posta sulla linea dell’Equatore il fiorellino scende direttamente nello scarico senza girare nella vaschetta. Incredibile ! Tutto ciò ha un chiaro senso scientifico ma quello che mi colpisce è vedere questi tre effetti nel giro di pochissimi metri. Si riparte, di nuovo asfalto ed una buona media, poi Everest ci informa che imbocchiamo uno short cut per evitare il traffico di Kampala che ci farebbe perdere almeno due ore. Svolta a destra e via lungo una pista di terra rossa, piuttosto sconnessa e molto polverosa. Lo spettacolo della vita dei villaggi che attraversiamo lungo il percorso ci ripaga di tutto. Riprendiamo l’asfalto ed eccoci a Entebbe. Questa sera salutiamo Everest. Ceniamo sulla terrazza dell’albergo con vista sul palazzo presidenziale, ben illuminato e circondato da un vasto parco. Io mangio una pessima “pasta arrabbiata”, mi manca quella di Mario del Vecchio Aratro, mentre Matt sceglie una “carbonara”, sicuramente più decente, lui l’apprezza molto. Siamo ai saluti, Matt improvvisa un breve discorso di ringraziamento e Guma Guma Guma, il divertente tormentone che ci ha accompagnato attraverso il Ruanda e l’Uganda. La mattina seguente non voglio perdermi la vista del lago Vittoria. Il Vittoria è il più grande lago del continente. Suddiviso tra Uganda, Tanzania e in piccola parte dal Kenia, si estende sull’altipiano della Rift Valley. L’emissario è il Nilo Bianco che scendendo verso Nord incontra il Nilo Azzurro a Khartoum. Per una rapida sbirciatina mi affido ad un taxista al quale chiedo di accompagnarmi in un punto panoramico. Il lago è vastissimo e si perde all’orizzonte. Alcune donne vendono pesce fresco e grigliato mentre alcuni pesci già privati della lisca sono stesi al sole ad esiccare, sulla riva del lago qualche ibis bianchissimo ed alti fenicotteri neri, un ragazzo che indossa una maglietta azzurra con la scritta ITALIA ed il tricolore mi sorride mostrandomi una V alla Churchill. Ed ora in navetta verso l’aeroporto. Oggi tutto è tranquillo, nessun dirottamento in corso. Destinazione Kenia.

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