Sveglia prima dell’alba, alle sei siamo già in viaggio verso il Lake Moraine. Arriviamo al lago con le prime luci del giorno. Le nuvole avvolgono le vette ma il lago lì sotto si mostra con tutta la sua bellezza. Acqua di colore turchese intenso, boschi e rocce. Pace e silenzio totale, a quest’ora del mattino siamo praticamente soli. I primi raggi del sole colorano di rosa le vette più alte, le nubi si diradano e assumono colori che variano in continuazione. Rientriamo in albergo per una rapida colazione e da Lake Louise ci portiamo sul lago omonimo. Per evitare problemi di traffico e di parcheggio prendiamo la navetta, uno scuola-bus in stile vintage. In questi giorni il Canada vive un week-end lungo a causa del Labour Day ed i luoghi di villeggiatura sono frequentatissimi. Il cielo si è aperto, i colori ora sono vivissimi, la giornata si annuncia più che bella. Superiamo il fiume ed il Fairmont Château , il lago ha un colore che sta tra il turchese ed il verde. Nell’acqua si riflettono i boschi, le montagne ed i ghiacciai. Seguiamo il sentiero costeggiando il lago sulla destra poi si incomincia a salire, più su il sentiero lascia il bosco e ci troviamo di fronte a montagne bellissime. La fatica si fa sentire ma la vista è splendida. Arriviamo al rifugio che qui si chiama Tea House perché cent’anni fa ci venivano i ricchi che si potevano permettere l’albergo sul lago e venivano fin quì a prendersi un tè. Io invece, oltre al mio spuntino, mi prendo un’ottima zuppa di verdure. L’aria è fresca e un po’ di riposo è necessario. Si sentono dei boati, è il ghiacciaio di fronte a noi che lascia cadere delle grandi quantità di ghiaccio. Ripercorrendo il sentiero a ritroso il panorama, se possibile, è ancora più bello. Ora i colori sono vivi e si apprezza meglio il lago con il suo albergo sullo sfondo. Una costruzione in stile “chateau” canadese che si riflette nel lago in tutta la sua bellezza ed imponenza.
The Icefields Parkway
Un percorso di 230 km tra montagne, boschi e ghiacciai. Questa è la Icefields Parkway, da tutti considerata una delle più belle strade panoramiche del mondo. Quando partiamo la mattina il cielo è ancora un po’ coperto. Cumuli di umidità creano delle nebbie a fondo valle, sopra di loro spuntano le più alte vette. Le montagne ed i ghiacciai svaniscono tra le nubi e riappaiano magicamente. Oggi ho richiesto di stare seduto davanti e questo spettacolo me lo godo tutto. Dopo poco più di un’ora arriviamo allo Icefield Centre. Davanti a noi una morena glaciale ed il ghiacciaio Athabasca, anche qui ci stanno aspettando. Su un carrello c’è tutto il necessario per completare le nostre attrezzature. Recuperiamo cappelli e guanti per affrontare il freddo e ramponi per camminare sul ghiaccio. Per me, con i ramponi ai piedi, è come tornare un po’ indietro con gli anni. Ci accompagna nella nostra escursione di tre ora una guida neo-zelandese. Saliamo la morena e ci fermiamo ad un cippo dove viene indicato il punto in cui il ghiacciaio si estendeva fino al 1982. In 35 anni abbiamo perso circa 400 m di ghiacciaio. Il processo però non è riferito solo agli anni più recenti, più tardi scoprirò un secondo cippo che indica la posizione del ghiacciaio nel 1840. Saranno altri 500 metri e forse più, il processo però è impressionante. Superato un ponticello realizzato con un asse traballante saliamo sul ghiaccio. Le nubi arrivano fino alla morena, poi si alzano ma il cielo rimane grigio. Lungo il cammino incontriamo qualche crepaccio e parecchi torrenti d’acqua che scavano il ghiaccio creando delle bellissime sfumature tra il bianco, l’azzurro ed il blu. Il vento è freddo me le nubi si aprono e lasciano spazi a squarci azzurri ed il sole incomincia a scaldarci. Arriviamo fino a dove il percorso è sicuro, più avanti i crepacci sono numerosi. Immancabile la foto di gruppo. Rientriamo e ci fermiamo per uno spuntino al rifugio, oltre ad un panino riesco anche ad avere una zuppa calda. Ripartiamo sempre verso Lake Louise, la strada supera il passo Sunwotpa poi inizia una lunga discesa. Ci fermiamo al Peyto Lake, un’altra distesa d’acqua turchese tra le montagne ed i boschi. E’ pomeriggio inoltrato, soffia un bel vento fresco e le nuvole ritornano ad abbassarsi. Superiamo il Bow Pass ed un’altra sosta al Bow Lake, molto rapida. Arriviamo a Lake Louise che è quasi sera, chiudo la giornata con tagliatelle alla bolognese, decenti, ed un buon vino rosso canadese.
Jasper National Park
Entriamo nel vasto Jasper National Park in prossimità del Mt. Robson e per prima cosa ci facciamo un’escursione di quasi tre ore verso il Lago Kinney. Percorrendo un sentiero in mezzo ai boschi si arriva in uno di quei meravigliosi laghi a cui ormai ci siamo un po’ abituati: una perla turchese racchiusa tra verdi montagne. Riprendiamo la strada ed un grande cartello in legno ci informa che stiamo entrando nello stato di Alberta, i nostri cellulari avanzano di un’ora. Arriviamo così a Jasper. La mattina una escursione fino al Maligne Canyon, profondo 35 metri, con un fiume che scorre tra rocce dai profili arrotondati dall’erosione dell’acqua. Costeggiamo anche il lago Maligne racchiuso tra montagne e ghiacciai per finire al lago Medicine. Questo lago ha una strana proprietà: quando il livello dell’acqua si alza ed eccede la sua capacità una serie di canali sotterranei di tipo calcareo fanno defluire l’acqua e così il lago diminuisce di molto il suo livello. Nel pomeriggio, mentre risplende un bel sole, andiamo alle Miette Hot Springs. Racchiuse in una gola si trovano queste sorgenti d’acqua calda (53°) sfruttate dai minatori già nel 1910. Oggi tutto è ben organizzato in un centro dove si trovano quattro piscine di cui due calde (38 e 40°) e due più piccole fredde. O per meglio dire gelide (10 e 15°). Le proviamo tutte e l’effetto del passaggio dalle calde alle fredde è notevole. Finalmente anche un po’ di relax
Hat Creek Ranch ed il Blu River
Lasciata Whistler alle spalle ci si immerge immediatamente nella natura selvaggia delle Rocky Mountains. Sosta al Joffre Lake, uno specchio d’acqua turchese circondato da boschi, sullo sfondo montagne e ghiacciai. Proseguendo attraversiamo un intero bosco distrutto da un incendio poi tutto ad un tratto la vegetazione scompare ed entriamo in una zona senza alberi che Berth, la nostra guida, chiama nientemeno deserto. Al centro della valle lo Hat Creek Ranch, ci arriviamo puntualmente per l’ora di pranzo. Qui siamo attesi perché Berth ci ha lavorato per diversi mesi. Una signora in costume dell’ottocento, camicia bianca gonna lunga e cappello in paglia, ci accoglie con un sorriso ed un caloroso “welcome”. Su un tavolino troviamo i nostri panini già pronti, una zuppa ed una bella insalata mista. Dopo pranzo visitiamo il vecchio ranch che è stato mantenuto come era attorno al 1860. Costruzioni in legno con le abitazioni, i salotti, il saloon. Tutto ben conservato con gli oggetti tipici dell’epoca. All’interno di una vecchia stalla una ragazza ci racconta un paio di simpatiche storie di quel periodo per poi salire su una vecchia diligenza trainata da due cavalli. Io mi siedo all’esterno, vicino al conducente. Immersi in questo spirito molto country percorriamo le stradine del ranch, attraversiamo staccionate ed arriviamo in un boschetto dove troviamo una tenda indiana. Il mini-bus con rimorchio riparte ed entriamo nuovamente negli infiniti boschi canadesi per arrivare a Blu River dove passeremo la notte in un lodge di montagna. Tutto in legno con grandi travi, un soggiorno con cucina ed ai piani superiori le camere da letto. Beth ha già organizzato tutto. Mentre noi compravamo vino e birre (in quantitativo industriale) lei ha acquistato tutto il necessario per una cena. Appena arrivati si preparano gli spiedini di pollo, salsiccia e peperoni. Peter, l’australiano mio compagno di camera, sulla terrazza del lodge li cuoce sulla griglia. Snack ed insalate sono il contorno di una serata divertente. Poi tutti all’esterno con l’aria ormai fresca, una mezza luna e un po’ di stelle, la sirena del treno che passa sul lato opposto del lago ed un dessert tradizionale. La mattina al risveglio la natura circostante si presenta con tutta la sua bellezza. Un cartello avverte di non avvicinare gli orsi ed in caso di incontri è consigliato rientrare nel lodge. Il posto mi piace molto, io mi fermerei un paio di giorni ma è prevista la partenza. Ci portiamo sulla riva del lago in un punto d’imbarco. Il cielo è un po’ grigio, la temperatura molto frizzante, chilly come si dice da queste parti. Indossiamo dei salvagenti e ci imbarchiamo, la barca a motore naviga velocemente sul lago con i colori che vanno dal grigio al verde. Navighiamo più lentamente in prossimità della riva quando vediamo spuntare un’orsa di 3/4 anni. Lei se ne sta tranquilla sulla riva, mangia, ogni tanto ci dà un’occhiata ma senza nessuna reazione. Ripartiamo lasciando il lago ma ci fermiamo qualche kilometro più avanti. E’ il momento dei salmoni che depositano le uova. Siamo sulle rive di un fiume con il fondo sassoso e l’acqua limpida. Fermi, immobili, tra un sasso e l’altro alcuni salmoni sono impegnati nell’importante operazione dell’espulsione delle uova. La continuità della specie.
Sea to Sky e Whistler
“Sea to Sky” Highway, dal mare al cielo … e nel mezzo Whistler. Appena si lascia la cittadina di Squamish, posta proprio in fondo ad un fiordo, l’autostrada 99 chiamata anche Sea to Sky attraversa boschi e foreste per entrare nel Garibaldi Provincial Park. Si, proprio all’Eroe dei due mondi è dedicato il parco, una montagna ed anche un villaggio che si incontra a metà strada tra il mare e Whistler. Sosta alla cascata Brandywine, senza ubriacarsi ! Da un bosco spunta un fiume che si getta verso il basso per 70 metri creando uno spray che, colpito dai raggi del sole pomeridiano, si trasforma in un bellissimo arcobaleno. Prima di entrare a Whistler ci fermiamo allo Squamish Lil’wat Cultural Centre. Un museo dove sono esposte canoe, totem ed abiti dei nativi della First Nation, quelli che noi chiamiamo comunemente “indiani.” Questo centro è particolarmente interessante perché unisce le culture di due popoli che invece di farsi la guerra per contendersi i territori hanno deciso di convivere ed ora gestiscono insieme questa interessante attività. Gli Squamish (Skwxwu7mesh) abitano l’entroterra di Vancouver fino alle montagne di Whistler ed è una comunità composta da circa 4.000 membri. Gli Lil’wat (Lilwat7ul) sono originari delle Montagne Rocciose, la loro comunità è composta da circa 2.500 membri. Entrambi hanno tradizioni orali, le loro strane scritture risalgono solo agli anni ’70. Le comunità sono state decimate da malattie influenzali ed i loro bambini sono stati costretti dai colonizzatori a lasciare le loro famiglie per frequentare le scuole occidentali. Come ovunque nel mondo anche qui i colonizzatori hanno cercato di annientare le culture locali e di imporre la loro. Veniamo al centro. Dopo un cordiale benvenuto ed un canto tradizionale, grazie a National Geographic, il nostro gruppo viene invitato in una grande costruzione tradizionale a pianta rettangolare, parzialmente scavata nella terra e con un tetto in legno, alle pareti tamburi di pelle decorati. Due esponenti delle comunità locali ci raccontano le tradizioni dei loro popoli ed intonano antichi canti. Segue la cerimonia del tè. Su due fornelli viene riscaldata dell’acqua mentre su un terzo vengono arroventate delle pietre vulcaniche che si trovano nella zona. Le pietre vengono poi immerse nell’acqua calda e danno al tè un aroma particolare. Ci vengono offerti tre tipi diversi di tè, trovo buonissimi quello verde ed il rosso ai frutti di bosco. Un’esperienza indimenticabile. Whistler è un centro sportivo nato negli anni ’60 che si è successivamente sviluppato grazie alle Olimpiadi Invernali del 2010 condivise con Vancouver. Praticamente una città per turisti composta solo da negozi di souvenir, bar e ristoranti, alberghi, centri per gli sport invernali ed estivi. Tra le diverse opzioni che vengono offerte scelgo una discesa in rafting. Mi trovo sul gommone con una signora coreana ed i suoi due ragazzi, tutti inesperti, e come guida un ragazzo canadese. Si parte da un lago con l’acqua di colore verde circondato solo da boschi. Dopo le istruzioni e le prime pagaiate si incomincia a scendere il fiume, si affrontano parecchie rapide, non particolarmente pericolose ma molto divertenti. Dopo una pizza alla salsiccia, ben cotta e croccante, mi porto sulla funivia per raggiungere il Blackcomb, la montagna che sovrasta la città. Il tempo, che la mattina per il rafting era bellissimo, si porta verso il coperto ed inizia a soffiare un vento freddo, sono a 2.400 metri d’altezza. Arrivato in quota salgo sulla Peak2Peak, una funivia che detiene tre primati mondiali. Senza dubbio il più importante è la distanza che intercorre tra i due tralicci principali: 3.024 metri ! Si attraversa un’intera valle sospesi in aria e 400 metri più sotto scorre un fiume racchiuso tra i due versanti della valle. Alta tecnologia, tutta europea, ma anche una grande emozione, specialmente se si sceglie di viaggiare su una cabina col fondo trasparente. Rientro con un po’ di pioggia ma recupero il morale con un buon trancio di salmone grigliato accompagnato da un purè ed un ottimo cabernet-sauvignon australiano.
Vancouver e Victoria
Vancouver è la più importante città della British Columbia, i territori del Sud del Canada che si affacciano sul Pacifico e che includono le Montagne Rocciose. La città è costruita sul delta del fiume Faser, moderna, con la tipica pianta a strade parallele e perpendicolari. All’estremità della penisola principale si trova lo Stanley Park, una vasta distesa boscosa che si incunea nell’oceano. I boschi di cedri rossi costituiscono la principale presenza nella vegetazione che è rimasta quasi intatta. E’ un luogo visitato dai turisti ma anche molto frequentato dai residenti che qui passeggiano, pedalano e pattinano. Un secondo punto interessante della città è la Granville Island. Nata come quartiere industriale oggi ospita studi artistici, musei, negozi, bar e ristoranti. Frequentata a tutte le ore della giornata ha al centro il mercato coperto dove si trovano pesce e verdure freschissime, stand culinari dove i prodotti italiani originali abbondano. Dalle terrazze in legno si gode lo skyline della città ed i suoi tre ponti. Sul lato opposto della penisola una piccola Chinatown e Gastown, il cuore antico di Vancouver, dove sono rimasti alcuni vecchi stabili. Anche qui ristoranti di ogni tipo. Per pranzo mangio carne di manzo con chips proprio di fronte alla statua di Gassy Jack ritenuto il fondatore del quartiere. La sera invece, quando tutte le piante e gli antichi lampioni sono illuminati, ceno presso la Old Spaghetti Factory, un bel piatto di spaghetti con sugo di pomodoro e polpette. Durante la giornata però non manco di entrare in un Illy caffè. Quasi di fronte alla Public Library, un palazzo moderno disegnato esattamente come il Colosseo, bevo un buon espresso proprio di fronte ad un enorme poster in bianco e nero di Sofia Loren ancora giovane, una forte emozione, e tutto intorno le scatole del famoso caffè triestino. A Vancouver incontro il gruppo col quale viaggerò fino a Calgary. Una cena in birreria per conoscersi e la mattina ci si imbarca sul ferry verso Victoria Island. Una rotta molto panoramica, si fa uno slalom tra isole e isolotti rocciosi ricoperti da una fitta vegetazione. Un’ora e mezza di navigazione, mare blu e cielo terso, qualche foca che nuota in acqua, una mezzora in mini-bus e siamo a Victoria, la capitale della British Columbia. Un porto turistico affascinante circondato da bellissimi palazzi e aiole di fiori di tutti i colori. Oltre a barche e barchette gli idrovolanti decollano ed ammarano in piena città. Sul porto si affacciano l’austero palazzo del governo ed il bellissimo Hotel Impress, una grande costruzione in stile canadese con tetti in rame molto spioventi. All’interno una grande eleganza e la cerimonia del tè delle cinque. In un ricco salone, dove un musicista suona un bel piano nero a mezza coda, i clienti degustano il tè con pasticcini e salatini. Il tutto per soli 75 $ canadesi (oltre 50 €), per fortuna sono arrivato dopo le 17,30 e a quell’ora non si accettano più clienti. La mattina in gommone per il “whale watching”. Ci portiamo fuori dalle acque del porto dove, protette da una lunga isola, le balene percorrono la loro rotta chiamata “whale highway”, l’autostrada delle balene. La probabilità di incontrarne qualcuna è molto alta e difatti dopo circa mezzora di navigazione appare il primo sbuffo d’acqua. Seguiamo l’animale per una ventina di minuti per poi navigare in direzione di alcune isole rocciose, un vecchio faro bianco e rosso e centinaia di leoni marini. Imperdibile a Victoria il Royal British Columbia Museum dove viene ricostruita e raccontata la storia delle popolazioni native, la First Nation, e le bellezze naturali del territorio.
Canada 150
Pochi giorni di dibattito, bevute e danze bastarono per far sì che venisse accettata l’idea della Confederazione Canadese istituita con il British North American Act del 1867. Si istituì un Governo Federale ad Ottawa, tuttora capitale del vastissimo territorio che va sotto il nome di Canada. E quest’anno, il 2017, si celebra il 150° anniversario di questo evento storico. Fatto del tutto secondario, anche il “viaggiatore viaggiante” vi è giunto atterrando all’aeroporto di Vancouver. Leggeremo le sue esperienze.