Non mai visto una statua del genere: 40 m di altezza, in argento, poggia su quattro piloni in acciaio racchiusi da uno stabile rotondo. Realizzata con finanziamenti privati per l’ottocentesimo anniversario della nascita di Chinggis (per noi Gengis) Khan. Il condottiero è raffigurato su un cavallo nella cui coda è stato costruito un ascensore. La statua si trova nel bel mezzo di una verde vallata, isolata, ad un’ora di auto da Ulan Bataar, ad Est della capitale. Si entra nello stabile rotondo e si apre una grande sala dove sulla sinistra si trova la riproduzione di un tipico stivale mongolo alto almeno 5 metri. Nel sotterraneo un piccolo museo raccoglie armi e costumi dell’epoca. Con l’ascensore si sale fino al dorso del cavallo e lo si attraversa percorrendo un corridoio e delle scale. Ci si ritrova all’aperto su una balconata in corrispondenza della criniera dell’animale dalla quale si può ammirare il panorama circostante. Una mezzora d’auto e si entra nel Parco Nazionale del Gorkhi-Terelj. Superato il primo villaggio l’autista mi porta presso il campo ger dove passeremo la notte. Il campo è racchiuso da rocce dai morbidi profili ma molto fantasiosi, attorno prati e boschi. L’aria è fresca, pulita, frizzantina, il sole caldo. Dopo pranzo il cielo cambia repentinamente e si mette a piovere, ne approfitto per leggere e riposarmi, poi verso sera cambia rapidamente e ritorna sereno. Cielo terso e colori vivissimi. Una passeggiata sui prati attorno a queste rocce è d’obbligo. Dopocena andiamo a tirare frecce con l’arco, anche qui il bersaglio è una pelle di pecora tesa da quattro legni. Sono con Khatanbaatar, il mio autista, in realtà questo è il suo secondo lavoro, principalmente è un agente di borsa. Per semplicità si fa chiamare Etna. Incomincia a diventar buio e il cielo rimane completamente terso, assenza totale di luna, notte ideale per veder le stelle. Rientro nella mia ger a leggere in attesa che il cielo diventi buio. E’ piuttosto freddo, siamo a 1600 m d’altezza, mi faccio accendere la stufa. Esco dopo le undici e la volta celeste è completamente ricoperta di stelle. Verso Nord il Grande Carro, sul lato opposto la Via Lattea che attraversa il cielo, una stella cadente si mostra per un breve attimo. La mattina seguente il tempo è ancora bello e soleggiato. Dopo colazione una breve passeggiata poi in auto alla scoperta della valle. La strada sale dolcemente poi si devia a sinistra per uno sterrato. Prima sosta davanti ad una roccia la cui forma ricorda una rana. Seconda sosta dove un grande masso è appoggiato ad una base rocciosa, la scaliamo e ci infiliamo in uno stretto passaggio racchiuso tra fredde rocce. Un km più avanti la strada si interrompe e di fronte a me vedo un largo semicerchio roccioso, al centro un tempio: il Baruun Bayan Gol, costruito nel 1740. Risparmiato dalle distruzioni staliniane, è caduto in rovina per incuria e per atti di vandalismo. Oggi si è salvato un solo edificio ma continua ad essere un luogo di culto e di meditazione. Si accede sul fianco di una porta con tetto a pagoda e quattro rappresentazioni sacre, si sale per un sentiero per poi imboccare una scalinata di 108 scalini, numero sacro. Si arriva al tempio e basta voltare la testa all’indietro e si ammira la vallata, prati verdi, foreste e boschi, montagne che superano i duemila metri, cielo blu con qualche nuvola bianca. Si tolgono le scarpe e si entra nel tempio, la struttura è la solita: panche centrali per la preghiera dei monaci, altare con donazioni, statue del Buddha, il tamburo, teli colorati appesi ai pilastri centrali. Lungo il perimetro esterno 108 cilindri della preghiera in colore rosso e giallo. Un centinaio di metri sulla sinistra si trova una grotta e all’interno una pietra con l’impronta dei piedi di Buddha. Sono oltre tremila le impronte di Buddha esistenti nel mondo, esse stanno solo a significare la sua presenza sulla terra. In macchina ci portiamo fino alla fine della valle e la strada termina in prossimità di un albergo di lusso con camere da 1.000 € a notte. Ci fermiamo al primo campo ger per il pranzo. Insalata, zuppa di verdure ed un buonissimo stufato di maiale con verze e carote, un sugo denso un po’ piccante, riso. Mangiamo all’aperto, il vento è piuttosto fresco, la compagnia di Etna piacevole. A questo punto rientriamo in città ripercorrendo la valle, la pianura e la squallida periferia industriale.