In volo dalle Fiji alla Polinesia Francese

Decollo alle 9,00 di domenica 7 febbraio dall’aeroporto di Nadi, Isole Fiji. Mentre l’aereo prende quota vedo sotto di me la Bounty Island. Dopo circa tre ore di volo appare una lunga scogliera contro la quale si infrangono le onde del Pacifico. Sono arrivato dall’altra parte del mondo, in Nuova Zelanda, ora ho esattamente 12 ore di fuso con l’Italia. Giusto il tempo di fare qualche acquisto e mangiare una zuppa di wonton e si riparte. All’ultimo minuto non mi faccio mancare un buon Merlot Cabernet neozelandese in Nuova Zelanda. Di nuovo a bordo, vengo accolto da un equipaggio sorridente con un fiore bianco tra capelli. Il volo parte puntualissimo alle 16,00 di domenica 7 febbraio. Seduta accanto a me una simpatica anziana signora tahitiana, non riesco a capirne il motivo ma molte persone, sia tra i passeggeri che tra l’equipaggio, la conoscono. In pochi minuti mi adeguo al cambio di lingua, ora si passa al francese. Volo su un Airbus della Air Tahiti Nui che è stata riconosciuta la miglior compagnia aerea del Sud Pacifico. Ottimo il servizio a bordo, perfetto il funzionamento dell’aereo in ogni suo dettaglio. Poco meno di cinque ore ed il volo arriva a Tahiti con venti minuti di anticipo rispetto al previsto. Sono le 21,45 di sabato 6 febbraio. Anche qui all’aeroporto i passeggeri vengono accolti da due musicisti ed una ballerina, tutti vestiti in giallo fiorato. Al controllo documenti il tricolore francese e coda preferenziale per i passaporti europei.

Oggi è diventato ieri !

Mr. Fogg, il personaggio immaginario raccontato da Jules Verne ne “Il giro del mondo in 80 giorni”, pensò di essere arrivato a Londra con cinque minuti di ritardo e di avere così perso la scommessa contratta con i  soci del suo club. Solo il fido Passepartout, il maggiordomo, si accorse che non era così. La scommessa era vinta ! Mr. Fogg ha fatto come me, ad ogni cambio di fuso orario ha aggiornato il proprio orologio. Arrivato a Londra però non si rese conto del cambio di data che intercorre nel bel mezzo dell’oceano Pacifico. Mr. Manfrin, il reale protagonista del “viaggiatore viaggiante”, ha commesso lo stesso errore. Anche se conscio del cambio di data, ho prenotato un appartamentino a Papeete da domenica 7 febbraio. E la notte del 6 ? L’avevo dimenticata ? No, il fatto è che la stessa notte ho pernottato sia a Nadi (Isole Fiji) che a Papeete (Tahiti). Dono dell’ubiquità ? No. Oggi è diventato ieri !  🙂

Bulaaa – Isole Fiji

Arrivo a Nadi, Isole Fiji, dopo oltre tre ore di volo da Brisbane e due ore di fuso. Ora l’Italia è a meno 11 ! Non ho mai visto una sala arrivi di un aeroporto così allegra. Tutti sorridenti, tutte le donne con un fiore tra i capelli e tre musicisti con chitarra che cantano lungo il corridoio. Bula, bula, tutti ripetono la stessa parola. Benvenuto ! Purtroppo all’arrivo trovo però un problema organizzativo. Sono passate da poco le tre del pomeriggio e non c’è più nessun battello per Bounty Island dove ho prenotato il resort. Pernotto in un albergo sul mare, spiaggia e palme, un bel tramonto. La mattina seguente mi imbarco ed arrivo a Bounty Island, anche qui bula, bula, e musicisti che cantano e suonano la chitarra al mio arrivo. L’isola, un atollo, è uno splendore, praticamente un paradiso terrestre. Spiaggia bianca , vegetazione molto fitta, palme, per percorrere l’intero periplo basta una mezzora. Il resort ha spazi comuni aperti costruiti in legno mentre la mia sistemazione è un piccolo bungalow sulla spiaggia, all’ombra delle palme. La giornata qui è scandita da colazione, pranzo e cena. Alla fine della cena c’è sempre un po’ di musica con tutto lo staff allineato che canta e balla coinvolgendo i turisti. Tutto attorno isole e isolotti, molti, come questo, sono degli atolli. Sott’acqua una meraviglia di pesci e coralli. C’è tutta la biodiversità tipica delle barriere coralline, qui in particolare noto molte stelle marine blu. A Omar e Linda dico che ci sono tanti pesci Juventini, bianchi a righe verticali nere. C’è quindi tutta la collezione di pesci pagliaccio, i vegetariani, molte specie gialle e molti piccolini blu. Una sera, passeggiando all’ora del tramonto, mi fanno notare dei piccoli squaletti in prossimità della riva. L’ultimo giorno di permanenza alla Bounty Island lo passo facendo una piccola crociera. La barca del resort mi porta un poco al largo dove salto su un catamarano. Circa un’ora di tragitto ed arrivo a Mana, l’isola più grande delle Mamanuca. Quì mi imbarco sul Seaspray, un vecchio battello inglese con grandi vele e motore.  L’equipaggio è molto divertente, canta e suona, e nel corso della navigazione si stappano un paio di bottiglie di spumante. Passiamo attraverso atolli, qualcuno ancora senza vegetazione, isole e isolotti, e sbarchiamo a Modriki, l’isola dove è stato girato il famoso Cast Away com Tom Hanks. Qualcuno ha scritto HELP ME con dei gusci di noce di cocco anche se nel film la scritta era stata fatta con la sabbia. I colori del mare vanno dal verde all’azzurro al blu intenso, la spiaggia bianca, vegetazione tropicale. Ci fermiamo per fare dello snorkeling e noto dei coralli rosa e violetto. Si ritorna a bordo per il pranzo. Insalata, pollo, pesce e frutta fresca, si beve acqua e birra, il vino non viene più servito ! Nel primo pomeriggio sbarchiamo a Yanuya,  una piccola isola con un villaggio di circa 500 abitanti. Un mercato dove le donne vendono i prodotti dell’artigianato locale. Gli uomini invece li incontriamo nella sala della comunità dove al nostro arrivo si tiene una specie di celebrazione di benvenuto, un po’ finta. Segue una passeggiata nel villaggio. Case colorate con il solo piano terra, l’interno praticamente vuoto, c’è solo qualche coperta e qualche lenzuolo. Attorno le case prati verdi, fiori e palme. Qualcuno riposa all’ombra, i bambini giocano e sorridono. Ripartiamo, io rientro a Bounty Island con “scalo tecnico” alla South Sea Island, un atollo ancora più piccolo, dove vengo “recuparato” dal tender del Bounty. Rientro nell’isola madre, la Viti Levu, per percorrere la strada costiera e visitare un po’ l’interno. Noleggio un’auto, mi danno una Getz un po’ vecchiotta. La litoranea corre principalmente all’interno con pochi passaggi sul mare. Mi fermo presso una piccola baia dove è ancora in funzione il Coral Coast Train, un vecchio trenino a scartamento ridottissimo. Vado in direzione Suva, sul versante opposto dell’isola. In prossimità della città trovo una lunghissima coda ed il traffico è bloccato. Dopo una lunga sosta si riaccendono i motori ma non il mio, non riparte ! Un gentile fijiano mi aiuta a spingere l’auto in una stradina secondaria, immediatamente dopo riesco a fermare un taxista che mi organizza il cambio d’auto e mi accompagna in albergo. Reception, ristorante, blocco camere sono tutte in legno. La mia camera ha un balcone con vista sulla rainforest. Di fronte a me un laghetto con ninfee circondato da piante tropicali. Qualche zanzara rovina l’ambiente ma c’è sempre il rovescio della
medaglia. La mattina mi viene consegnata una seconda auto, una rossa Hyundai, nuova e funzionante. Imbocco la strada e senza accorgermi mi trovo contromano ! Sento suonare e vedo di fronte a me un’altra auto. Frontale evitato ! Vado a Suva, la capitale dello stato fijiano. Niente di speciale così mi dirigo verso Sud, sul lato opposto a quello dell’andata. Mai tornare per la stessa strada è un principio sacrosanto, ove possibile. Dopo un’oretta di guida la strada si dirige verso l’interno e si fa più interessante. Una striscia di  asfalto nuovo tra la vegetazione tropicale, colline verdi e montagne di origine vulcanica. Si costeggia un fiume e si attraversano molti villaggi. L’attraversamento dei villaggi è una sorta di canovaccio che si ripete in continuazione. Velocità massima 60 km/h, poi il cartello col nome del villaggio e la velocità consentita scende a 50 km/ora, poi una serie di rallentatori, velocità massima 20 km/ora e se non li vedi corri il rischio di rovinare la macchina. Le case sono sempre ad un solo piano, sempre in mezzo al verde e sempre circondate da tanti panni colorati stesi al sole. Quando attraverso i villaggi, a qualsiasi velocità, o  passeggiando, c’è sempre qualcuno che mi saluta, con un cenno della mano, oppure bula, bula, e sempre visi sorridenti. Non trovo ristoranti lungo la strada così mi fermo in un villaggio dove delle simpatiche signore offrono frutta fresca. Incominciano a chiedermi se sono single e a questo punto si scatenano risate. La sera arrivo in albergo vicino all’aeroporto, un’insalata mista con quache gambero, un pò di musica dal vivo, e l’avventura fijiana termina così.