La Patagonia Cilena – Punta Arenas

Occorrono quasi tre ore di volo per raggiungere la Patagonia Cilena da Santiago, circa 2.200 km di percorso. Per un paio d’ore si sorvolano le Ande poi il panorama diventa piu’ piatto e prima dell’atterraggio appare lo Stretto di Magellano. Punta Arenas e’ la “capitale” della regione. In centro la tipica piazza coloniale con giardini ed il monumento dedicato a Magellano che per primo arrivo’ qui’ dove le acque dei due oceani, il Pacifico e l’Atlantico, si fondono e si scontrano. La prima sensazione che provo e’ un forte cambio di clima. Sono passato dai 28 / 30 gradi di Santiago ai 13 patagonici, un vento freddo soffia tra le strade della citta’ a pianta quadrata. Per prima cosa, tra le bancarelle del mercatino artigianale, mi compro un caldo paraorecchie e dalla valigia escono giacca a vento e maglione, le scarpe sostituiscono i sandali. Passeggio fino allo stretto dove lungo i moli vedo centinaia di cormorani bianchi e neri. Tutte le case sono ad un piano, alcune sono antiche, molte colorate con colori fantasiosi. Specialmete nel rione che si affaccia al mare molte case hanno murales che ritraggono la vita locale, particolare e’ la casa del veterinario dove il murale ritrae un medico con un cane sulla porta di casa. Avverto un feeling da “fine del mondo”, parole usate anche da Papa Francesco la sera della sua elezione. Anche il cielo e’ cambiato, le nubi qui’ sono piu’ scure e minacciose, qualche spruzzata d’acqua non e’ mai una sorpresa. Il cimitero municipale e’ il luogo imperdibile della citta’. Un cimitero monumentale con cappelle artistiche e statue, strane piante verdissime, rotonde, con i rami che arrivano sino a terra, anche loro molto artistiche. Rientrando in citta’ mi fermo al Museo Regional Salesiano dove, oltre ai ritratti di Don Bosco, sono esposti animali imbalsamati, ricostruzioni di ambienti antartici, cimeli e foto dell’epoca della colonizzazione. Una sala e’ dedicata alla cultura ed alla storia pre-colombiana. I ristoranti preferiti di Punta Arenas sono il Chumanguito per il pranzo, all’interno murales e , con mia grande sorpresa, vedo una riproduzione del “Quarto Stato”, quadro tipicamente milanese. Scambio due chiacchere col titolare che a fine pranzo mi offre un Fernet Branca prodotto in Argentina ma con l’etichetta esattamente uguale a quella che conosciamo da sempre. Qui’ provo una buona empanada ripiena di granchio e gamberi mentre ascolto i Beatles e Frank Sinatra. Il giorno successivo costolette d’agnello accompagnate da un Cabernet Souvignon della Concha y Toro, l’azienda visitata qualche giorno prima nella valle del Maupio, e particolare e’  l’emozione di ascoltare Fabrizio De Andre’, Lucio Battisti ed Eros Ramazzotti a queste latitudini. Per cena invece opto per il ristorante Okusa sito in una casa antica, all’angolo di due strade. L’interno molto caldo con pareti di color rosso cupo, tende bianche ed a terra un antico assito. Qui’ scelgo un cosciotto d’agnello al forno, molto tenero, e la sera successiva una buonissima zuppa di pesce.

Commenta