Rapa Nui, l’Isola di Pasqua, è considerato il luogo più remoto al mondo. Da Tahiti cinque ore abbondanti di volo, cinque fusi orari, 4.250 km, e la costa del Cile dista 3.700 km. L’isola ha la forma di un triangolo, in corrispondenza di ogni angolo c’e´ un vulcano. I vulcani, ora non piu’ attivi, hanno disegnato l’isola piu’ o meno due milioni di anni fa e poi la natura ha fatto il suo meraviglioso lavoro lasciando un territorio verde e selvaggio, una costa oceanica frastagliata e qualche spiaggia. L’Isola di Pasqua e´ nota per le sue famose statue in pietra raffiguranti corpi e volti umani, i “moai”. Ne sono stati contati quasi 900 ma solo 288 sono stati trasportati e rieretti in quanto, nel corso dei secoli, la totalita e´ stata distrutta ed abbattuta. Altri 92 sono ora in fase di recupero. L’emozione del primo incontro con le statue e’ forte. Percorro tutta la costa Sud dell’isola ed arrivo in prossimita’ del piu’ vecchio vulcano, il Puakakite. Ora il vulcano e’ una spoglia collina di 370 metri d’altezza. Il panorama e´splendido: prati incolti, poche piante, cavalli allo stato brado che corrono e viste ardite sull’oceano. Tutto intorno sono distribuite le statue, e’ visitabile anche un luogo dove le statue venivano ricavate dalla roccia di origine vulvanica. Poco piu’ avanti, proprio di fronte all´oceano, un sito di straordinaria bellezza: Ahu Tongariki. Quindici statue allineate poggiate su una piattaforma di pietre, alcune hanno un cappello sulla testa. Dopo una pausa per il pranzo mi porto sulla costa Nord, al sito Te Pito Kura. Qui, lungo un tratto di scogliera nera, oltre a qualche statua, sono state raccolte alcune pietre magnetiche in grado di fare impazzire anche le bussole. Qualche kilometro piu’ a Nord si trova il sito chiamato Anakena dove sono state allineate cinque statue di cui quattro con cappello. Anakena e’ anche l’unica grande spiaggia dell’isola che si affaccia al mare azzurro e blu, alle spalle un gruppo di palme con qualche gallina che vi razzola attorno. Il giorno successivo visita ad Orongo, l’angolo all’estremo Sud dell’isola. La mattina fortissime raffiche di vento e pioggia incessante non ci permettono di completare l’escursione. Ritorniamo nel pomeriggio col sole, il cielo tornato azzurro ed un forte vento. Non bisogna mai dimenticare che qui siamo nel bel mezzo dell’oceano e che i venti la fanno da padrone cambiando il tempo rapidamente. Orongo si trova in prossimita’ del secondo vulcano, secondo la cronologia storica, di nome Rano Kau. Del vulcano e’ rimasto il grande cratere mentre al centro si e creato un lago. La vista e’ incantevole. Sulla punta estrema si trova il villaggio cerimoniale utilizzato fino ad un paio di secoli fa. Il villaggio e’ composto da basse case in pietra piu’ simili a delle grotte che a delle vere e proprie abitazioni. Dalla collina si vedono i famosi motu che ci ricordano il film Rapa Nui. Un grande isolotto roccioso, un faraglione ed uno scoglio, roccia scura priva di vegetazione che si staglia nel blu intenso del mare. Qui si svolgeva la famosa corsa annuale che terminava con la vittoria del “birdman”. La corsa consisteva nel scendere la ripida roccia, attraversare il braccio di mare su canoe molto primitive, scalare la roccia dell’isolotto, raccogliere il primo uovo di uccello, riportarlo a terra trasportandolo sulla testa. Il primo arrivato, il “birdman”, dava diritto alla famiglia di gestire il potere per l’anno successivo. Questa competizione ha avuto il merito di porre termine alle continue lotte tribali tra i diversi villaggi, lotte che si sono protratte per oltre due secoli. Scusate ma nel frattempo in Italia eravamo in pieno Rinascimento. Un interessante museo racconta la storia geologica dell’isola e la cultura del popolo moai. L’isola ha praticamente una sola citta’: Hanga Roa. Tranquilla e silenziosa, alcune piccole baie ed un piccolo porto per i pescatori, niente ferry, navi o battelli. Tutti trasporti si effettuano per via aerea, con la sola esclusione dei combustibili. Salendo dal porto, al termine della strada, la chiesa. Una costruzione piuttosto moderna, all’interno si trovano delle belle sculture in legno che fondano l’iconografia cristiana con lo stile locale. Mentre arrivo sento suonare le campane e vedo entrare uomini ben vestiti e donne eleganti con corone di fiori sulla testa. Si tratta di un battesimo secondo il rito cattolico, l’atmosfera ed i colori sono pero’ speciali. Le mie serate ad Hanga Roa sono state tutte molto piacevoli: uno spettacolo di danze tradizionali, chiaccherate con del buon vino cileno e perfino una serata in discoteca terminata poco prima dell’alba. Buona la cucina locale, ovviamente a base di pesce e frutti di mare. Segnalo due ristoranti. A pranzo ho preferito Haka Honu, una terrazza con vista sull’oceano, un’insalata di mare, un tonno gratinato ed anche tagliatelle con gamberi. Per cena invece La Taverne du Pecheur con terrazza sul porticciolo e gestita da uno strano personaggio di origine francese, della Normandia. Frutti di mare saltati in padella, spaghetti (Divella mi precisa il francese) ai frutti di mare e l’ultima sera tonno grigliato con salsa di roquefort. Molto, molto buono. Il prodotto locale e’ stato ben accoppiato al gusto francese. Anche l’albergo e’ stata una scelta azzeccata. All’arrivo vengo accolto da Maria all’aeroporto, con me un turista francese, al collo una ghirlanda di fiori gialli e rossi per benvenuto. Maria prima di accompagnarci in albergo ci mostra tutta la citta’ indicando ristoranti e luoghi d’interesse. L’albergo e’ gestito da Blanca che per tutti e’ Blanquita, sempre molto gentile e disponibile. Gestisce anche un negozio di souvenir all’aeroporto, e’ lei che mi mette al collo una collana di conchiglie e perline per augurarmi l’arrivederci.