Si parte all’alba, un minibus con rimorchio, Bailey la guida, Amber guida in formazione, ed altri dieci giovani. Oltre due ore di Outback e prima sosta in una aerea di servizio con una piccola galleria d’arte aborigena. Ne approfitto per acquistare il tipico cappello a larghe tese in pelle di canguro. Si rivelerà molto utile, l’ombra creata dalle tese mi copre il viso ed il collo, rinfresca la testa senza sudare, è robusto e flessibile, protegge dalla pioggia. L’ideale per questo trekking. Si riparte e Bailey ci chiede di scrivere o di disegnare qualcosa di personale sui vetri del bus con dei pennarelli. Io mi disegno in rosso la roccia dell’Uluru e non manco di scrivere l’indirizzo del mio blog. Un panino al volo e verso mezzogiorno arriviamo a Kings Canyon, fa caldo ed il cielo è un po’ grigio. Trekking di tre ore e mezza lungo l’omonimo Walk di 6 km. Il percorso inizia con lo “hard attack”, una ripida salita con molti scalini fatti di sassi, solo un paio di soste per prender fiato. Sole, caldo e fatica si fanno subito sentire. Al termine della salita gli sforzi sono appagati da un vasto panorama e dai paesaggi tra le rocce rosse. Arriviamo lungo il fianco del canyon dove notiamo delle pietre con le tipiche onde della sabbia. Sembra incredibile ma circa 350.000 milioni d’anni fa qui, nel centro dell’Australia dove oggi c’è solo savana, c’erano dei laghi. Il canyon ha pareti verticali alte un centinaio di metri e si estende per oltre un kilometro. Grazie a passerelle e scale in legno raggiungiamo il fondo del canyon dove troviamo una pozza d’acqua con palme e vegetazione, una specie di oasi chiamata The Garden of Eden. Io arrivo al bus sfinito dal caldo e dalla stanchezza, ma che meraviglia ! Ripartiamo e più tardi ci fermiamo a raccogliere legna secca. La savana ha un fondo di terra rossa, carica di ferro, ed è ricoperta da arbusti e piante. Molte piante sono secche ed è facilissimo trovare rami già pronti per un fuoco, alcuni li spezziamo, altri li raccogliamo. Caricata e fissata la legna sul tender ci dirigiamo verso il nostro “bush camp”. Lungo la strada, verso le 18,00 appare all’orizzonte Uluru colorata di grigio. Che emozione ! Una sosta per acquistare birre e bevande fresche, un paio di kilometri di strada sterrata ed ecco Curting Springs, il nostro “bush camp”. Un grande cerchio per il fuoco ed una tettoia da utilizzare in caso di pioggia. Distribuiti i tredici sacchi a pelo attorno al grande cerchio si procede all’accensione del fuoco. Bailey estrae una barretta di magnesio con la quale si dovrà accendere il fuoco, lo aiuta Joseph, ventenne francese. Acceso il fuoco non resta che alimentarlo con la legna raccolta. Dal trailer si estraggono il tavolino di lavoro in ferro, pentole, piatti, posate, insomma tutto l’occorrente per cucinare e mangiare. Bailey organizza il lavoro ed ognuno fa qualcosa. Sandra, giovane tedesca, impasta il pane, altri tagliano le verdure, io mi incarico di tagliare le cipolle per il soffritto e per il contorno di verdure cotte. Intanto si fa buio, il fuoco e le nostre torce forniscono la luce necessaria. Tutto viene cucinato sulla carbonella, la prima pentola contiene il pane, poi il riso bollito, le verdure cotte (patate, carote e cipolle) ed un largo wok dove cuoce un bel soffritto di cipolle. A cipolle dorate aggiungiamo della carne trita (bovina) con fagioli e salsa di pomodoro. Io mi occupo della cottura mentre mi gusto una birra fresca. A cottura ultimata ognuno si serve e tutti mangiano con molto piacere. Quando fa buio nella savana è notte, siamo tutti un po’ stanchi, ci infiliamo così nei nostri sacchi a pelo sotto le stelle. In realtà il cielo è nuvoloso, la luna è per metà piena, le stelle si vedono solo tra una nube e l’altra.