Per il soggiorno a Melbourne scelgo una formula un po’ diversa dal solito. Anziché il solito albergo o B&B mi prenoto un appartamento. Quaranta metri quadri ben arredati, un terrazzo con vista sui grattacieli. Bagno, camera da letto e soggiorno appunto, con cucina a vista. A disposizione tutti gli elettrodomestici, stoviglie e tutto il necessario per le colazioni, incluso latte e cereali, burro e marmellata, ecc. Melbourne è una città molto viva, moderna, tram che sferragliano e persone ben vestite che lavorano negli uffici dei grandi palazzi e dei grattacieli. Il giorno dell’Epifania vado a St. Kilda, un lungomare ventoso con sabbia molto fine. Un antico Luna Park, inaugurato nel 1912, un teatro, la marina ed il famoso St Kilda Pier. Un lungo molo che termina con un ristorante, una antica costruzione in legno, e una passerella in legno su una spiaggetta. Qui vive una colonia composta da circa mille pinguini che si fanno vedere solo dopo il tramonto. E difatti verso sera sulla passerella si raccolgono centinaia di persone. I pinguini si fanno attendere. Il tramonto colora di rosso fuoco il cielo sull’oceano ma loro non si vedono. Cresce un po’ di impazienza da parte degli spettatori ma tutto ad un tratto si vedono arrivare degli animaletti che spuntano dal pelo dell’acqua. Arrivano una decina di pinguini, attraversano la spiaggetta e salgono goffamente sugli scogli. Si avvicinano alle persone senza paura, uno parte sparato e corre sul molo inseguito da grandi e piccini con telefonini e macchine fotografiche. Ormai è buio, il vento è freddo, mi avvio verso casa. Per la visita della città seguo il percorso consigliato dalla Lonely P. Dopo aver seguito lo Yarra River entro nella stretta Hosier Lane, praticamente un vicolo lastricato i cui muri sono tutti ricoperti da stravaganti murales. Una moderna galleria d’arte a cielo aperto. Anche i cassonetti dell’immondizia sono tutti colorati. Su un muro un foglietto con la scritta “dry paint”, in un angolo bombolette spray abbandonate, sono la conferma che i murales sono in continua evoluzione. Una decina di metri più avanti noto uno “studio fotografico a cielo aperto”. Una coppia di sposi, lui in abito nero e papillon, lei in abito bianco tradizionale, sono venuti qui per le foto ricordo in Lamborghini bianca. La scena attira decine di persone, tutto si conclude quando il motore “made in Sant’Agata Bolognese” viene acceso e con una sonora retromarcia l’auto si allontana. Proseguo zigzagando fino alla Parliament House, una grigia e severa costruzione con colonnato e scalinata. Raggiungo così la Chinatown con le sue antiche case ben tenute, i ristoranti, gli archi in legno colorato. Da appassionato di cinema non perdo la visita allo Australian Centre for the Moving Image, il museo del cinema australiano. La storia del cinema australiano è abbastanza recente, diciamo che risale agli anni 60 / 70, non ha dei grandi capolavori ma alcuni film sono da ricordare. A parte i famosi Mr. Crocodile Dundee ed il più recente Australia con la Kidman, “Priscilla la regina del deserto” che ha vinto l’Oscar per i costumi (visto in TV prima di partire), io ricordo con particolare emozione “Gli anni spezzati” e “Picnic at Hanging Rock”. Il museo è allestito in un bel palazzo moderno con un ampio atrio. Di fronte una sala multimediale dove sono esposti oggetti storici e vengono proiettati spezzoni di film. La galleria 1 è invece dedicata ai costumi, sono esposti abiti indossati da Bette Davis, da Tony Curtis ne “A qualcuno piace caldo” e statuette (sembrano originali) degli Oscar Awards. Immancabile la foto del sottoscritto al loro fianco. La galleria 2 invece è dedicata ad una mostra temporanea intitolata “Il Manifesto” dove vengono proiettati su grandi schermi tredici interpretazioni di Cate Blanchette, anch’essa australiana.