Papua, l’ultima frontiera. Così la Lonely Planet definisce la parte più orientale dell’Indonesia. Ricordo che l’Indonesia è costituita da migliaia di isole e isolette, si estende da Sumatra ( Nord-Ovest) fino all’isola di Papua ( ad Est ). L’isola di Papua, la seconda più grande al mondo, è divisa politicamente da una linea retta trasversale che fa da confine tra lo stato di Indonesia ( a occidente ) e Papua – Nuova Guinea ( ad oriente ). Papua è ancora molto legata alle tradizioni tribali e cerca di resistere alle intrusioni delle modernità, a fatica ovviamente. Non ci sono delle vere e proprie strade e questo è il motivo per il quale volo fino a Jayapura ( nel Nord ) via Timika ( nel Sud ). I papuani sono di origini melanesiane, etnicamente separati dagli indonesiani, ed all’interno dell’isola vivono ancora una vita molto primitiva. Non so quanto di tutto ciò riuscirò a scoprire ma accetto la sfida e ci provo.
Lenbongan Island
Mi imbarco su un enorme catamarano giallo e blu, poco meno di un ora e mi trovo su un pontone di fronte all’isola Lembongan a Sud-Est di Bali. Con un barcone sbarco su una bella spiaggia e con un furgone mi porto sul lato opposto dell’isola dove si trovano le coltivazioni di alghe marine. Nei campi rettangolari, come sulla terraferma, nelle basse acque marine le alghe si riproducono nel giro di una settimana. Donne su piccole barche raccolgono le alghe e le trasportano utilizzando grandi ceste di paglia. Nel villaggio vengono stese per essere esiccate. Qualche giorno, naturalmente dipende dal sole e dalla stagione, l’alga è pronta per la spedizione. Sarà poi utilizzata in tutta l’Asia per preparare il sushi, oppure essenze e profumi, in Medio Oriente perfino come droga. Rientrato sul pontone mi tuffo in mare per un po’ di snorkeling. Qui i fondali sono più interessanti, vedo spugne di diversi colori e pesci a righe colorate orizzontali o verticali. Mi colpisce in particolare uno strano pesce, lungo circa 40 cm, piatto, con una specie di unicorno lungo 7/8 cm che spunta sopra gli occhi. La mia amica Paola mi saprà dire a quale razza appartiene. Più tardi mi offrono di andare sulle banane trainate da un motoscafo. Dopo un primo rifiuto mi faccio convincere. Salgo con una famiglia cinese e mi diverto moltissimo, così rifaccio un altro giro. Non l’avrei mai detto ! Pranzo a buffet e si rientra mentre tutto lo staff, dalla guardarobiera al cuoco in giacca bianca, ballano assieme ad un animatore pieno d’energia.
Visitando Bali
A Bali praticamente non ci sono mezzi di trasporto pubblici. Per visitare l’isola sono quindi costretto a noleggiare un’auto con autista, un giovane ragazzo che ha lavorato alcuni anni a Praga. Attraversiamo tutta l’isola da Sud a Nord per arrivare in prossimità del vulcano Gunung Batur la cui enorme caldera include anche un lago. Sul versante occidentale, nei pressi di Kintamani, ci sono delle sorgenti calde dove è stata costruita una specie di spa all’aperto. Piscine e pozze con l’acqua calda sorgiva che sgorga dalle proboscidi di elefantini di tutte le dimensioni e colori, dal viola al giallo. Mi immergo nelle calde acque e dalla piscina più avanzata si gode il bellissimo panorama della verde vallata che termina col cono vulcanico con la vetta racchiusa tra le nuvole. Il cielo è coperto, piove solo per qualche minuto mentre pranzo dopo il bagno. Ripartiamo per raggiungere Pura Tirta Empul un tempio buddista in stile baliano. Il tempio risale alla fine del I millennio ed è costruito in perfetto stile baliano con statue, portali, immerso nella natura equatoriale. La caratteristica di questo tempio sono le famose sorgenti sacre ritenute dotate di poteri magici. Le sorgenti sgorgano in due vasche affiancate con elefanti in pietra ai lati. I getti d’acqua “sacra” sono allineati e fatti in modo che i fedeli possano fare le loro abluzioni entrando nelle vasche e passando da un getto a quello successivo. Il livello dell’acqua arriva più o meno alla vita cosi i fedeli fanno scorrere l’acqua dalla testa lungo il busto. Le donne entrano in acqua totalmente vestite con i bambini in braccio mentre gli uomini, come al solito, sono belli comodi ed anche a torso nudo. Più avanti alcuni altari dove i fedeli vanno a farsi benedire da un monaco vestito di bianco. A mani giunte i fedeli ricevono la benedizione che consiste in un getto d’acqua sul capo, molto simile al rito cristiano. Un’oretta d’auto ed arriviamo nella valletta dove ci sono le risaie a terrazzamenti. Una valle profonda circa cento metri, e larga poco più, è stata completamente terrazzata per poter coltivare il riso. Alcune risaie hanno le piante alte mezzo metro circa con il riso pronto da raccogliere, altre hanno le piantine già tagliate. L’acqua, elemento necessario per questa coltivazione, scorre attraverso dei piccoli canali dall’alto verso il basso. Tutto attorno una ricca vegetazione dove prevalgono palme e bambù. Mi trovo sulla strada piena di negozietti e ristorantini e provo a passare sul lato opposto della valle. L’unico sentiero che trovo è troppo ripido e scivolo, rinuncio. Vengo poi fermato da due ragazzine che si propongono di farmi da guida, sono così simpatiche che accetto la proposta. Naturalmente loro conoscono un passaggio ripidissimo ma percorribile, scendiamo così fino a fondo valle. Superiamo un ponticello costruito con legno e bambù e subito dopo in una capanna una signora pretende il pagamento di 5.000 rupie (3,30 €) per il mantenimento del ponte. Ora saliamo tra le terrazze lungo un sentiero ed arriviamo presso un’altra capanna dove un signore ci chiede un altro pedaggio per il mantenimento del sentiero, incredibile ! Altre 10.000 rupie. Arriviamo così al termine del sentiero e ritorno sulla strada asfaltata dove mi attende l’autista. Con piacere dò l’importo pattuito alle due simpatiche ragazzine che mi promettono di dividersi l’importo da amiche, non ho dubbi e pago con un sorriso. Anche qui tutto organizzato per sfruttare il turista, va aggiunto che l’autista ha pagato altre 10.000 rupie per transitare sulla strada della valletta. Riconosco che la zona è particolarmente suggestiva ma mi emozionava di più vedere qualche terrazza, anche in pianura, dal finestrino del treno.
Bali – Sanur o Kuta ???
Il volo notturno per Denpassar ha un ritardo di un’ora che alla fine diventano quasi quattro. Arrivo in albergo che è quasi mattina, mi apro il cancello da solo e poi si presenta il custode. Sono a Sanur, località posta sulla penisola meridionale di Bali, sul fronte orientale. Sanur è considerata la parte tranquilla dell’isola, adatta per famiglie e … pensionati, ciò in alternativa al lato opposto che viene considerato il centro dello shopping e della vita notturna. Ho l’albergo a dieci metri dal mare, esco e mi trovo in un luogo di nome “Terrazza Martini”, si come a Milano. Sull’angolo di sinistra c’è un ottimo ristorante italiano dove si mangia una buona pizza “Napoli” e spaghetti aglio e olio con gamberetti. Verso destra una bella spiaggia, molti chioschetti che offrono anche lettini ed ombrelloni nonché cibo e bevande. C’è anche un chiosco aperto dove sette signore simpaticissime offrono massaggi. Insomma un luogo dove potersi rilassare e dopo una settimana in viaggio con Silvia è perfetto. Sul lato opposto, a sinistra dell’albergo, un lungomare solo pedonale con alberi, tempietti in stile baliano e ristoranti un po’ più pretenziosi. Qui provo solo il “Sanur Bay” consigliato anche da LP. Si mangia coi piedi nella sabbia ascoltando una giovane ragazza dalla voce molto dolce e ben impostata, accompagnata da un trio di musicisti. Mangio un pepes ikan, piccoli tranci di pesce marinati in salsa balinese con riso bollito, il tutto presentato su foglie di banano secondo la tradizione locale. Buonissimo ! La cosa interessante è che il ristorante dipende dal Sanur Village Social Commmittee che riutilizza i profitti per aiutare la comunità locale costruendo scuole, dispensari, templi e centri d’arte. Insomma una forma di turismo più che responsabile oltre che piacevole. La mia curiosità, la voglia di conoscere i diversi aspetti delle cose mi porta a Kuta per scoprire come è il turismo di massa. Kuta ha una bella spiaggia con piante e alla loro ombra tanti chioschetti ma nessun ombrellone. Sul trafficato lungomare alberghi di lusso, dallo Sheraton in giù. Io mi son prenotato un quattro stelle a sconto 60 %. Un paio di ristoranti locali mentre tutto il resto è costituito da bar, ristoranti moderni ed uno shopping centre a tre piani pieno di luci natalizie ed anche neve finta. Decisamente non è il mio stile ma il mio luogo preferito è l’Hard Rock Cafè Bali. Un locale molto buio e col volume della musica troppo elevato per la mia generazione ma anche del personale molto cordiale ed un gruppo d’eccezione: gli After Seven. Tre vocalists, basso e chitarra, organo e batteria, con un repertorio che va da Elvis ai Red Hot Chili Pepper passando attraverso i Beatles, Sting e i Police, Bob Marley ed il reggae. Già dalla prima sera saluti a Oscar e all’Italia e l’ultima sera si balla tutti assieme col pubblico sia locale che straniero. Molto divertente, e quindi Sanur o Kuta ?
Carita ed il vulcano Krakatau
Si parte la mattina in auto con autista verso la punta estrema di Giava. Dopo un’ora di autostrada il percorso si fa interessante e piacevole. Come sempre risaie e palme ma anche colline verdi. Difficile, a causa del traffico, l’attraversamento di una città ma dopo circa tre ore arriviamo presso un condominio dove ci assegnano una camera. Una piccola veranda con un paio di finestre ci consentono di avere una vista mare attraverso le fronde di due piante. Andiamo rapidamente in spiaggia, non bellissima ma con sabbia fine e piante verdi, lunga un paio di chilometri, praticamente deserta. Non mi trattengo e mi tuffo nelle acque tiepide, giusto in tempo perché subito dopo arriva il temporale. Sotto una pioggia fortissima andiamo a pranzo proprio di fronte a noi. Un ristorante locale senza pretese ma con dei buoni piatti. La mattina successiva partiamo di buonora. Ci accompagnano in macchina al porto dove ci imbarchiamo su un cabinato mosso da due potenti motori. La pioggia purtroppo oggi arriva subito, il mare si fa mosso e diventa di color blu scuro, minaccioso. Il pilota non demorde, coi motori sempre al massimo attraversiamo il braccio di mare che separa l’isola di Giava da Sumatra, entrambe facenti parte dell’Indonesia. Il cielo è ovviamente grigio ed il panorama altrettanto. Arriviamo in prossimità del vulcano Krakatau racchiuso da nuvoloni grigi. Sbarchiamo sull’isola minore considerata la figlia dell’isola principale, il vulcano Anak. Quest’isola si è formata nel 1883 ( ! ) in conseguenza di una forte eruzione del Krakatau che provocò anche una serie di tsunami che causarono migliaia di morti. Un salto, e dalla barca ci troviamo su una spiaggia nera. Piove, con poncho e k-way ci proteggiamo dalla pioggia ed incominciamo a salire le pendici del vulcano. Incredibile, ma attraversarsiamo un’area coperta da giovani pini e da uno strano sottobosco distribuito sulla terra nera. Usciti dal boschetto il sentiero sale sul cono del vulcano. Si arriva nel punto in cui la lava si è depositata solo alcuni anni fa in seguito ad una eruzione. Oltre alla roccia nera troviamo zone rossiccie ed altre giallastre. In molti punti vediamo soffiate di vapore, il vulcano è ovviamente ancora attivo. La foto ricordo ad un passo dal cratere è d’obbligo. Scendiamo sulla spiaggia e smette di piovere. Attraversiamo un breve braccio di mare per dirigerci verso l’isola principale, verso il Krakatau, oggi non più attivo. Di nuovo un salto e sbarchiamo su una spiaggetta deserta frequentata solo da un paio di tranquilli iguana. Il mare qui è verde scuro e tranquillo. La spiaggia, anche se non frequentata, è sporca perché raccoglie tutto ciò che la marea deposita, dietro la spiaggia invece piante verdissime e più sopra la figura conica del vulcano. Mi tuffo in mare, due bracciate e mi giro per salutare Silvia, non trovo più nulla sotto i miei piedi ! Il pilota mi urla: “snorkeling” e ci offre maschere e boccagli. Ci buttiamo e immediatamente mi rendo conto che qualche metro dopo il bagnasciuga c’è l’abisso, cioè il ripido cono del vulcano prosegue verso il fondo del mare, blu, sempre più blu. Il fondale roccioso non è particolarmente interessante tranne che per qualche riccio con gli aculei lunghissimi ma i pesci, che sorpresa ! Bellissimi, colorati, a strisce bianche e nere verticali, a strisce orizzontali verdi e gialli, pinne viola fosforescenti, grandi e piccoli. Tra le rocce una specie di murena che mi fissa e non si muove. Ma la grande emozione è di essere sottacqua con Silvia dopo oltre una dozzina d’anni e la cosa più bella è che la comunicazione muta nell’acqua funziona come allora. E’ difficile uscire da quell’acquario ma il pranzo ci aspetta. Due confezioni in polistirolo con riso fritto e pollo che divoriamo sulla spiaggia. Ripartiamo e riprende a piovere, il motoscafo stenta a fendere le onde del mare che di nuovo è minaccioso ma il pilota tira dritto. Arriviamo in porto e troviamo la macchina pronta. Sosta per un the e si riparte verso Jakarta. Altre quattro ore d’auto per raggiungere l’aeroporto. Abbracci continui, “ci rivedremo in primavera, spero”, ora le nostre strade si dividono: Silvia si imbarca per Milano via Doha ed io parto per …
Ritorno a Jakarta
Altre otto ore di treno e rientriamo a Jakarta. Ora sappiamo come funziona l’Eksekutif e già la mattina prenotiamo il pranzo. Verso mezzogiorno ci portano due confezioni in polistirolo, pulite, ben preparate. All’interno riso fritto, pollo arrosto ed un uovo. Buona anche la qualità del cibo. Oggi è il primo giorno che non piove nonostante la stagione. Arrivati a Jakarta ritorniamo in centro presso la piazza Taman Fatahillah che si sta animando solo ora. Due passi nel mercato della via adiacente e percorriamo una stretta via dove ci sono solo chioschetti e baracchetti di cibo di strada. Pollo, fritti di ogni tipo, uova e riso ovviamente, seduti ai tavolini decine di indonesiani cenano. Noi invece scegliamo il Djakartè, un ristorante coi tavolini all’aperto lungo l’isola pedonale tra le palme. Riso fritto ma soprattutto una buonissima zuppa di pesce, molto saporita, piccante al punto giusto (almeno per noi), noodles, gamberetti e calamari, carote e cavolfiori, verdure miste e gusti orientali. E’ così buona che facciamo il bis e scattiamo una foto per rifarla a casa. Due passi dopo cena ed in piazza vengono stesi dei grossi teli dove si può bere e fumare shisha ma anche mangiare del cibo esposto in piccole vetrinette allestite alla meglio. Noi rientriamo in albergo, domani si riparte !
Borobudur e Prambanan
Partiamo la mattina in macchina con autista. Lasciamo Jogja ed incontriamo le risaie circondate da palme, poco prima di arrivare a Borobudur riusciamo a scorgere il cono grigio del vulcano Merapi. Dopo circa un’ora arriviamo a Borobudur, sito archeologico protetto dall’UNESCO. Questo è il più colossale monumento buddista dell’Indonesia e risale a circa 1200 fa. Abbandonato in seguito al declino del buddismo viene ricostruito una trentina d’anni fa in quanto stava sprofondando nel terreno. Ora si può ammirare in tutta la sua imponenza: due milioni di blocchi di pietra perfettamente lavorata, una base quadrata di 118 metri per lato con sei terrazze quadrate e sovrapposte ed altre tre rotonde. Quattro scalinate consentono di salire fino all’ultima terrazza. Una perfezione geometrica che mozza il fiato. Lungo le terrazze stupa molto particolari con spazi vuoti a forma quadrata, altri scoperti che contengono statue del Buddha. Complessivamente ci sono oltre 500 statue mentre le pareti sono ricoperte da oltre 1200 pannelli decorativi in bassorilievo molto ben conservati che riproducono i testi sacri. Ma lungo le terrazze ci sono anche tanti, tanti visitatori, quasi esclusivamente indonesiani. Molti sono studenti in gita scolastica, allegri, sorridenti, che ci chiedono di fare fotografie con loro. La cosa è divertente ma alla fine le richieste sono eccessive. Riprendiamo il viaggio in auto e ci portiamo verso il Gunung (vulcano) Merapi attraverso un verde lussureggiante. La strada sale lungo il vulcano ma il cielo è sempre più grigio. Quando arriviamo al punto dal quale iniziano le escursioni in fuoristrada facciamo una breve passeggiata ma la vista è nulla. Ripartiamo, un’altra ora e mezza d’auto e sosta per il pranzo in un ristorante i cui tavolini sono sistemati in una larga capanna con il pavimento in legno e gli scalini in canna di bambù. Mangiamo un ottimo pesce grigliato, noodles con pollo e non ci facciamo mancare gli involtini fritti, molto croccanti. Ora è la volta di Prambanan, anch’esso protetto dall’UNESCO, tempio induista che risale al IX secolo ma forse la sua storia è più antica. Quattro templi principali ed altri di più piccole dimensioni. Il primo, alto 47 metri, è dedicato a Shiva, seguono quelli dedicati a Vishnu, Brahma e Sewu. Tutti hanno una scalinata che porta all’interno dove si trovano le statue delle divinità, notevole quella di Shiva. Anche qui si ripetono le fotografie con turisti e con studenti in gita. Scatto una foto ad un gruppo di ragazze e sorridendo dico loro “You are so beautiful”, seguono urla e risate che mi divertono molto. Andiamo verso l’uscita e rapidamente il cielo si fa minaccioso, nuvoloni neri con le ultime luci del giorno ed i templi che si stagliano nel cielo. La vista è bellissima ma inizia a piovere sempre più intensamente. raggiungiamo l’auto e rientriamo in città. Il temporale è passato, qualche acquisto e chiudiamo la giornata con una buona cena in un ristorante dove si inaugura una mostra di quadri. Ciò conferma che Jojakarta è una città d’arte ma i quadri esposti sono bui, tetri e di nessun interesse.
Jogja
Treno “Eksekutif” del mattino per Jogja, il diminutivo di Jojakarta. Vagoni semivuoti, molto puliti e comodi. Circa otto ore di viaggio tra risaie, palme, banani, un verde ininterrotto. Arriviamo nel bel mezzo di un temporale, siamo fradici solo per prendere il taxi. L’albergo è in mezzo ai vicoletti e si fatica a trovarlo, la zona è però molto bella. Mi ricorda i vecchi quartieri di Pechino ormai in via di distruzione. Sorpresa, la nostra prenotazione pare non sia stata registrata, sotto l’acquazzone cambiamo sistemazione. Più tardi la pioggia smette e ceniamo in un ristorante tipico. La mattina seguente visita del Kraton, una città fortificata e protetta da diverse cerchie di mura bianche. Era ed è la residenza del sultano, costruita nel XVIII secolo. Entrando ci imbattiamo subito in un concerto di musica tradizionale eseguito da un gruppo di musicisti che suonano gli antichi strumenti. Proseguendo incontriamo diversi cortili, portali con draghi e la sala dei ricevimenti. Pavimenti in marmo bianco, colonne in tek, vetrate in stile olandese. Altre sale sono destinate a museo. Oggi il temporale è in anticipo, poco dopo mezzogiorno siamo costretti a rifugiarci nel primo ristorante che troviamo sito in una vecchia casa nobile con mobili antichi. Ottima la cucina. Più tardi spiove ed andiamo a visitare il Taman Sari, un complesso di edifici e piscine dove il sultano passava le sue giornate allietato da giovani donne. All’interno si trovano anche botteghe artigianali dove una donna sta pitturando un batik ed un uomo sta lavorando la plastica delle marionette. Jojakarta è la città dei batik per eccellenza ma qui per batik si intende tutto ciò che è colorato e fiorato. Innumerevoli sono i negozi che offrono camice ed ogni altro capo di abbigliamento realizzati secondo questo stile. I disegni ed i colori ci sembrano eccessivi ma hanno il loro fascino. Entriamo nel mercato coperto dove prima incontriamo i batik ma sul fondo vengono vendute frutta e verdure. Molto interessante al primo piano una sezione dove si vendono legumi e cereali. I negozietti sono tra loro separati e chiusi da una parte in legno e da reti. Passeggiando scatto foto ed il divertimento delle donne che ci lavorano si esprime con urla e grandi risate nel vedere le foto nel display della macchina fotografica. Comportamento alquanto strano per un paese musulmano. l’Indonesia è il terzo paese al mondo per numero di abitanti, sono circa 250.000.000 di cui circa l’ottanta per cento è di religione islamica. Le donne velate sono però una minoranza e le moschee non sono così frequenti come altrove. Cena in un ristorante tipico mentre fuori piove a dirotto ma quando rientriamo in albergo ha di nuovo smesso. Due the mentre sentiamo musica dal vivo e la serata finisce qui, siamo stanchi. Per il giorno successivo ci siamo organizzati un giro in auto con autista per visitare alcuni importanti monumenti che circondano Jojakarta: Borobudur e Prambanan
Jakarta
Ho lo sguardo abbassato, lo rialzo e mi trovo Silvia davanti a me. Siamo entrambi sorpresi e stupiti di incontrarci in un luogo così remoto, così diverso dalle nostre abitudini. Lei ha praticamente viaggiato 24 ore per raggiungermi ed un abbraccio caloroso unisce padre e figlia. Sorrisi di meraviglia ed un “ma come sei dimagrito!”. Dopo una breve notte, abbiamo fatto le 3 del mattino, andiamo alla scoperta di Jakarta. In taxi ci portiamo verso il quartiere Kota, il più tradizionale e storico, il cuore della città. Austeri palazzoni bianchi ricordano il periodo dell’occupazione coloniale olandese. Passeggiamo lungo una strada molto animata dove si vende ogni cosa ed arriviamo in piazza Taman Fatahillah. E’ domenica pomerigggio ed una folla di indonesiani la anima. Gruppi di giovani scherzano e giocano mentre le famiglie passeggiano. Ci sono decine di personaggi mascherati per poter scattare con loro una foto fantasiosa. Non abbiamo ancora pranzato, entriamo nel bar Batavia, il locale più famoso della città. l’interno è molto vintage, tutto arredato in legno con centinaia di fotografie in B/N di attori e cantanti famosi appesi alle pareti. Un gruppo rock suona dal vivo musica evergreen. I Beatles ma anche la nostra “Che sarà”. Mangiamo un’ottima anatra arrosto accompagnata da una birra. Sazi facciamo due passi e rientriamo in albergo. Al VI piano c’è una piccola piscina, ci tuffiamo in attesa del temporale. Il cielo sui grattacieli della città si è fatto molto minaccioso. Inizia a piovere e solo quando la pioggia è forte usciamo dall’acqua. Oggi il temporale è arrivato verso le cinque del pomeriggio ma l’intensità è elevata. I tuoni fanno spavento. Più tardi smette e ci portiamo verso il centro della vita serale e notturna. Passiamo attorno alla grande fontana rotonda che viene considerata il centro della città per arrivare presso il grande palazzo Pacific Place circondato e avvolto dalle luminarie natalizie. All’interno un vasto spazio occupato dalla riproduzione della Tour Effeil tutta illuminata con un Babbo Natale che si arrampica. Volgendo lo sguardo verso l’alto si vede una struttura circolare con molti piani che ospita tutti i grandi marchi mondiali. A piano terra la galleria La Fayette e poi tutti i marchi del lussso e della moda italiana. Noi andiamo al Potato Head, un locale molto moderno dove troviamo i giardini verticali che mi ricordano quelli dell’EXPO (padiglioni di Israele e Stati Uniti). Mangiamo un filetto di pesce grigliato con una buonissima salsa di soia (credo) e lime, dei gamberi con salsa di pomodoro piccante e lime. Davvero ottimi, il locale è segnalato come “top” dalla Lonely Planet. Poi ci portiamo sul lato opposto del grande palazzo dove troviamo l’Hard Rock Cafè. Due coktails e musica dal vivo a tutto volume. Che serata !
Indonesia
Dopo oltre venti giorni di permanenza è giunta l’ora di lasciare il Myanmar. Rientriamo a Yangoon con un volo aereo da Heho e la sera cena di saluto del gruppo. Un po’ di tristezza e calorosi abbracci, ognuno ora riprende il suo percorso. Il giorno successivo volo per Jakarta via Singapore. Arrivo a Jakarta che è già buio ma la prima impressione che ho è molto positiva. Mi sembra tutto molto più pulito e ben organizzato. Prelevo la valuta locale e mi consegnano solo banconote da 100.000 rupiah, anche qui grandi numeri. Il clima è caldo-umido. Come previsto, il giorno successivo, nel primo pomeriggio arriva il temporale, qui siamo in piena stagione delle piogge. Ma la grande notizia è l’arrivo di Silvia, mia figlia. Ora è in volo e stasera appuntamento all’aeroporto. Ci aspetta una settimana di vagabondaggio assieme.