Carita ed il vulcano Krakatau

Si parte la mattina in auto con autista verso la punta estrema di Giava. Dopo un’ora di autostrada il percorso si fa interessante e piacevole. Come sempre risaie e palme ma anche colline verdi. Difficile, a causa del traffico, l’attraversamento di una città ma dopo circa tre ore arriviamo presso un condominio dove ci assegnano una camera. Una piccola veranda con un paio di finestre ci consentono di avere una vista mare attraverso le fronde di due piante. Andiamo rapidamente in spiaggia, non bellissima ma con sabbia fine e piante verdi, lunga un paio di chilometri, praticamente deserta. Non mi trattengo e mi tuffo nelle acque tiepide, giusto in tempo perché subito dopo arriva il temporale. Sotto una pioggia fortissima andiamo a pranzo proprio di fronte a noi. Un ristorante locale senza pretese ma con dei buoni piatti. La mattina successiva partiamo di buonora. Ci accompagnano in macchina al porto dove ci imbarchiamo su un cabinato mosso da due potenti motori. La pioggia purtroppo oggi arriva subito, il mare si fa mosso e diventa di color blu scuro, minaccioso. Il pilota non demorde, coi motori sempre al massimo attraversiamo il braccio di mare che separa l’isola di Giava da Sumatra, entrambe facenti parte dell’Indonesia. Il cielo è ovviamente grigio ed il panorama altrettanto. Arriviamo in prossimità del vulcano Krakatau racchiuso da nuvoloni grigi. Sbarchiamo sull’isola minore considerata la figlia dell’isola principale, il vulcano Anak. Quest’isola si è formata nel 1883 ( ! ) in conseguenza di una forte eruzione del Krakatau che provocò anche una serie di tsunami che causarono migliaia di morti. Un salto, e dalla barca ci troviamo su una spiaggia nera. Piove, con poncho e k-way ci proteggiamo dalla pioggia ed incominciamo a salire le pendici del vulcano. Incredibile, ma attraversarsiamo un’area coperta da giovani pini e da uno strano sottobosco distribuito sulla terra nera. Usciti dal boschetto il sentiero sale sul cono del vulcano. Si arriva nel punto in cui la lava si è depositata solo alcuni anni fa in seguito ad una eruzione. Oltre alla roccia nera troviamo zone rossiccie ed altre giallastre. In molti punti vediamo soffiate di vapore, il vulcano è ovviamente ancora attivo. La foto ricordo ad un passo dal cratere è d’obbligo. Scendiamo sulla spiaggia e smette di piovere. Attraversiamo un breve braccio di mare per dirigerci verso l’isola principale, verso il Krakatau, oggi non più attivo. Di nuovo un salto e sbarchiamo su una spiaggetta deserta frequentata solo da un paio di tranquilli iguana. Il mare qui è verde scuro e tranquillo. La spiaggia, anche se non frequentata, è sporca perché raccoglie tutto ciò che la marea deposita, dietro la spiaggia invece piante verdissime e più sopra la figura conica del vulcano. Mi tuffo in mare, due bracciate e mi giro per salutare Silvia, non trovo più nulla sotto i miei piedi ! Il pilota mi urla: “snorkeling” e ci offre maschere e boccagli. Ci buttiamo e immediatamente mi rendo conto che qualche metro dopo il bagnasciuga c’è l’abisso, cioè il ripido cono del vulcano prosegue verso il fondo del mare, blu, sempre più blu. Il fondale roccioso non è particolarmente interessante tranne che per qualche riccio con gli aculei lunghissimi ma i pesci, che sorpresa ! Bellissimi, colorati, a strisce bianche e nere verticali, a strisce orizzontali verdi e gialli, pinne viola fosforescenti, grandi e piccoli. Tra le rocce una specie di murena che mi fissa e non si muove. Ma la grande emozione è di essere sottacqua con Silvia dopo oltre una dozzina d’anni e la cosa più bella è che la comunicazione muta nell’acqua funziona come allora. E’ difficile uscire da quell’acquario ma il pranzo ci aspetta. Due confezioni in polistirolo con riso fritto e pollo che divoriamo sulla spiaggia. Ripartiamo e riprende a piovere, il motoscafo stenta a fendere le onde del mare che di nuovo è minaccioso ma il pilota tira dritto. Arriviamo in porto e troviamo la macchina pronta. Sosta per un the e si riparte verso Jakarta. Altre quattro ore d’auto per raggiungere l’aeroporto. Abbracci continui, “ci rivedremo in primavera, spero”, ora le nostre strade si dividono: Silvia si imbarca per Milano via Doha ed io parto per …

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